Le ferie non godute vanno indennizzate, anche nel pubblico

Le ferie non godute vanno indennizzate, anche nel pubblico

di Paolo Buzzelli

Lo ha stabilito la giustizia europea pronunciandosi sul caso di un dipendente pubblico del Comune di Copertino (provincia di Lecce)

Il lavoratore che non abbia potuto fruire di tutti i giorni di ferie annuali retribuite prima di dare le dimissioni ha diritto a un’indennità finanziaria. Gli Stati membri non possono addurre motivi connessi al contenimento della spesa pubblica per limitare tale diritto. Lo ha deciso la Corte di Giustizia dell’Unione europea pronunciandosi sul caso di un dipendente pubblico del Comune di Copertino (provincia di Lecce).

Il dipendente aveva rassegnato le dimissioni per accedere alla pensione anticipata, chiedendo il versamento di una indennità finanziaria per i 79 giorni di ferie annuali retribuite non goduti nel corso del rapporto di lavoro. Il Comune di Copertino, richiamandosi alla norma prevista dalla legislazione italiana secondo la quale i lavoratori del settore pubblico non hanno in nessun caso diritto a un’indennità finanziaria in luogo dei giorni di ferie annuali retribuite non goduti al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ha contestato tale domanda.

Nella sentenza (n. C-218/2022 del 18.01.2024) la Corte conferma che il diritto dell’Unione – in particolare l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – osta a una normativa nazionale che vieta di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti qualora tale lavoratore ponga fine volontariamente al suo rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal legislatore italiano nell’adottare la normativa nazionale di cui trattasi, la Corte ricorda che il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, ivi compresa la sua eventuale sostituzione con un’indennità finanziaria, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, quali il contenimento della spesa pubblica. Per contro, la Corte constata che l’obiettivo connesso alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico per la razionale programmazione del periodo di ferie risponde in realtà alla finalità della direttiva, consistente nel consentire al lavoratore di riposarsi, incentivandolo così a fruire dei suoi giorni di ferie.

La Corte conclude pertanto che solo nel caso in cui il lavoratore si sia astenuto dal fruire dei suoi giorni di ferie deliberatamente, sebbene il datore di lavoro lo abbia invitato a farlo, informandolo del rischio di perdere tali giorni alla fine di un periodo di riferimento o di riporto autorizzato, il diritto dell’Unione non osta alla perdita di tale diritto. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire dei giorni di ferie annuali retribuite ai quali aveva diritto, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio, si deve ritenere che l’estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’ indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti costituiscano una violazione.

La decisione in questione, cui potranno ora fare riferimenti i dipendenti pubblici italiani per avere finalmente piena soddisfazione dei propri diritti, interviene e far chiarezza in un ambito in cui, anche per colpevole disattenzione della politica e dei sindacati, la Pubblica Amministrazione – sempre molto attenta (giustamente) ad imporre ai privati il rigoroso rispetto delle norme – pretendeva incredibilmente di sottrarsi agli obblighi che aveva verso i propri dipendenti.

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