OBBLIGO VACCINALE: UNA QUESTIONE ANCORA CONTROVERSA

di Chiara Imerone

Il Decreto-legge nr. 1/2022 ha stabilito, a decorrere dal 1° febbraio 2022, l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini italiani, di altri Stati membri dell’Ue residenti nel territorio dello Stato, nonché per i cittadini stranieri, che abbiano compiuto il 50 esimo anno di età. A partire dal 15 febbraio 2022, inoltre, per gli over 50 sarà obbligatorio essere in possesso del Super Green Pass per recarsi al lavoro: la norma si applica a tutti i lavoratori e le lavoratrici, sia del settore pubblico che del privato.

Viene specificato che l’obbligo si estende anche a tutti coloro che compiranno 50 anni successivamente all’entrata in vigore del decreto e sempre fino al 15 giugno 2022.

L’obbligo vaccinale è esteso, senza limiti di età, al personale universitario, equiparato a quello scolastico. È inoltre esteso l’obbligo di green pass  base (ossia quello che  si ottiene anche con il tampone, oltre che per vaccino o guarigione) per accedere ai servizi alla persona, ai pubblici uffici, ai servizi postali, bancari e finanziari, alle attività commerciali.

Nel testo del decreto è previsto che i lavoratori ultracinquantenni che si presenteranno sul posto di lavoro senza essere muniti di super green pass saranno considerati “assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione del certificato verde”. L’accesso ai luoghi di lavoro senza certificato che attesti vaccino o guarigione non è consentito, con previsione, per chi non rispetta il divieto, di subire una sanzione amministrativa tra i 600 ed i 1.500 euro.  Per tutti gli altri over 50 che non lavorano, per cui vi è comunque l’obbligo vaccinale, è prevista una sanzione di 100 € in caso di violazione.

Si consideri che già con precedenti decreti legge 44/2021 e 172/2021, il Governo aveva previsto la vaccinazione obbligatoria per alcune categorie di lavoratori, ossia il personale sanitario ed amministrativo della sanità, i docenti ed il personale amministrativo e della scuola, i militari, forze di polizia e soccorso pubblico.

La questione di legittimità dell’obbligo vaccinale per covid-19 è al centro del dibattito giuridico, in relazione al principio sancito dall’art. 32 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Sul fondamento di questo principio ossia della preminenza che la Costituzione riconosce al diritto alla salute, sono stati adottati, negli ultimi due anni di emergenza pandemica,  provvedimenti eccezionali tali da giustificare compressioni di altri interessi pubblici ugualmente meritevoli di tutela.

Tali provvedimenti sono stati visti da coloro che contestano la legittimità dell’obbligo vaccinale come un attentato alle libertà individuali ed una prevaricazione inaccettabile, se non addirittura come una persecuzione.

Parrebbe però essere proprio la Costituzione che, nel sancire all’art. 32 la salute come “fondamentale diritto dell’individuo” e, al contempo, come “interesse della collettività”, apra la possibilità di essere obbligati ad uno specifico trattamento sanitario, purché ciò venga stabilito dalla legge e con il limite del rispetto della libertà umana.

La Corte Costituzionale si è pronunciata più volte in merito al fondamento ed alla portata dell’art. 32. Già nella sentenza n. 5/ 2018 (in cui aveva affrontato le questioni di illegittimità sollevate con la legge n. 119/2017 che ha reso obbligatorie alcune vaccinazioni per i minori fino ai 16 anni) essa ha ribadito il principio secondo cui, in materia di vaccinazioni, la sua interpretazione dell’art. 32 Cost. è quella secondo cui sia necessario un contemperamento del diritto alla salute del singolo (comprensivo del suo diritto alla libertà di cura) con il medesimo diritto in capo agli altri individui e con l’interesse della collettività. Nel caso poi di soggetto minorenne in relazione alle vaccinazioni obbligatorie, la Consulta ha ribadito che deve essere tenuto in considerazione l’interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura (ex multis, sentenza n. 258 del 1994).

La Corte Costituzionale aveva già precisato con pronunce più datate (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990) che la legge che impone un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione tutte le volte in cui la cura è diretta preservare (o migliorare) lo stato di salute del soggetto assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri. Parimenti, secondo la Consulta, non vi è incompatibilità con quanto sancito all’art. 32 Cost. qualora il trattamento sanitario non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato – ad eccezione di quelle conseguenze che appaiano tollerabili – ed anche qualora via sia la corresponsione di una equa indennità a favore del danneggiato (oltre al risarcimento del danno),  nell’ipotesi di danno ulteriore provocato dal trattamento sanitario obbligatorio.

Va infine precisato che, anche nei recenti decreti leggi che hanno imposto e  poi esteso l’obbligo vaccinale anti SARS-CoV-2, è prevista la esenzione dall’obbligo di vaccinazione quando sussiste un accertato pericolo per la salute del soggetto che sarebbe invece obbligato ad effettuarla. In tali casi la vaccinazione può essere omessa o differita.

La questione sulla legittimità dell’obbligo vaccinale previsto per legge passa quindi attraverso la questione  dei rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà: la scelta del legislatore pare quindi indirizzata nel senso di far recedere il diritto di autodeterminazione del singolo individuo rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute, quanto meno in un contesto di grave epidemia in atto.

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