La procreazione medicalmente assistita nella recente giurisprudenza costituzionale: le pronunce n. 32 e 33 del 9 marzo 2021

di Chiara Imerone

I nuovi modelli di famiglia, e la conseguente invocata tutela dei figli nati al loro interno, sono da tempo oggetto di interventi giurisprudenziali.

Importanti temi quali la fecondazione eterologa, la maternità surrogata e la genitorialità omosessuale sono stati recentemente affrontati da due pronunce della Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità di alcune norme del nostro ordinamento che non garantiscono una tutela piena ai figli nati da coppie omosessuali a seguito di interventi di procreazione medicalmente assistita.

Con la sentenza n. 32 del 9 marzo 2021 la Corte Costituzionale ha affrontato il caso riguardante una coppia di donne che si reca all’estero per effettuare la fecondazione artificiale. Rientrate in Italia, una delle due partorisce due gemelle e tutte e quattro vivono insieme per cinque anni, fino alla decisione di separarsi. Nel corso della separazione, la madre biologica si oppone al riconoscimento, nei confronti della madre intenzionale, di qualsiasi diritto/dovere verso le figlie, non acconsentendo al ricorso della procedura di adozione in casi particolari, così come prevista all’art. 44, comma 1 lett. d), legge 184/1983.

La Corte Costituzionale ha ritenuto innanzitutto che, fermo restando il divieto penalmente sanzionato di maternità surrogata, l’attuale quadro giuridico italiano non assicura piena tutela agli interessi del bambino nato con questa tecnica ed ha sollecitato la necessità di un intervento del legislatore. La Corte ha ribadito che il divieto, penalmente sanzionato, di ricorrere alla pratica della maternità surrogata risponde ad una logica di tutela della dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate.

Fatte queste premesse di diritto, la Corte ha tuttavia osservato l’importanza, nel caso concreto, di perseguire il “best interest of the child”, che consiste nel mantenere i rapporti con entrambi i membri della coppia che hanno condiviso il percorso dal momento del concepimento, in un Paese in cui la maternità surrogata è lecita, fino al trasferimento in Italia, dove la coppia si è presa quotidianamente cura delle figlie per 5 anni. In questa situazione – ha osservato la Corte – l’interesse del minore è quello di “ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, non soltanto alla madre biologica”.

La Corte Costituzionale ha ribadito il fatto che il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo ad entrambi i membri della coppia i doveri legati all’esercizio della responsabilità genitoriale.

In un caso del genere, si impone la necessità di assicurare la tutela degli interessi del bambino al riconoscimento del suo rapporto giuridico anche con il genitore intenzionale “attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere”. A tal proposito, la Corte ha evidenziato che il ricorso all’adozione in casi particolari (previsto dalla legge n 184 del 1983 e considerato già praticabile dalla Corte di cassazione) pur costituendo una pratica soluzione, non costituisce la miglior forma di tutela per il minore poiché non garantisce la costituzione di un legame di vera e propria filiazione tra adottante e adottato nonchè tra adottato e gli altri membri della famiglia (nonni, zii, fratelli e sorelle). Infine questa forma di adozione resta comunque subordinata all’assenso del genitore “biologico”, che potrebbe anche mancare in caso di crisi della coppia.

In conclusione, la Corte ha lanciato un preciso monito al legislatore affinché si faccia carico di adottare una disciplina normativa che risulti idonea ad assicurare una piena tutela degli interessi del minore, in modo più aderente alle peculiarità della situazione che viene esaminata.

La seconda sentenza resa dalla Corte Costituzionale (la n. 33 del 9 marzo 2021) si è occupata del caso di una coppia di uomini, che si recano all’estero per sposarsi. Successivamente decidono di avere un figlio e quindi procedono all’impianto di embrione – formato dai gameti di uno di loro e di una donatrice – nell’utero di altra donna (maternità surrogata). Entrambi i padri riconoscono il figlio nel paese estero, sulla base di una sentenza, e poi ritornano a vivere in Italia chiedendo il riconoscimento della sentenza e la trascrizione della doppia paternità nell’atto di nascita del figlio. Tale richiesta viene loro negata, non potendo essere riconosciuto e reso esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero che inserisce il genitore d’intenzione nell’atto di nascita di un minore procreato con maternità surrogata.

Anche in questo caso, come nel precedente, la Corte Costituzionale, in assenza di una disciplina applicabile al caso concreto, ha ritenuto di non poter intervenire ed ha rivolto un monito al legislatore affinché individui urgentemente le forme più idonee di tutela dei minori, anche alla luce delle fonti internazionali ed europee, invitando a porre rimedio ad una situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore.

Nella sentenza n. 33 del 2021 la Consulta ha rilevato l’esistenza del rapporto affettivo consolidato del bambino con la persona del genitore d’intenzione, affermando la necessità di garantire al bambino la cura, l’educazione, l’istruzione anche del genitore d’intenzione.

Va segnalato, al termine di questa breve analisi, che entrambe le sentenze non si “preoccupano” del diritto delle due madri o dei due padri ad essere genitori, ma si occupano del diritto dei loro figli di essere considerati tali. La Consulta focalizza le questioni sugli interessi dei bambini, che devono essere valutati caso per caso: non sempre e necessariamente l’interesse del minore coincide con il riconoscimento del legame con il genitore “d’intenzione” o con entrambi i genitori d’intenzione. La soluzione adeguata a ciascun caso concreto richiede la valutazione del rapporto genitoriale di fatto, la condizione di ciascun bambino e di tutti gli altri interessi contrapposti

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