I tragici eventi bellici in Ucraina hanno riportato nel nostro quotidiano, anche per l’attuale pervasività dei media, il dramma della guerra che è essa stessa un crimine ma che inevitabilmente si porta dietro lo strascico doloroso dei “crimini di guerra”, fatti non sempre di facile definizione alla luce delle norme internazionali e dei trattati applicabili agli eventi bellici.
C’è anche un uso “politico” dell’accusa su tali fatti, accusa abitualmente addebitata allo sconfitto (anche solo culturalmente) e meno abituale nei confronti del vincitore: è notorio il dramma degli stupri in tempo di guerra, un’arma di distruzione e di dominazione del popolo sopraffatto che si aggiunge all’uso delle armi da fuoco, ma nulla si è detto o fatto per gli stupri dei soldati dell’Armata Rossa in Germania ai danni delle donne di un popolo ormai sconfitto, mentre quelli perpetrati ora in Ucraina ad opera dei soldati russi divengono – giustamente !! – un continuo atto di accusa e di condanna per l’odiosità di un atto che è solo da condannare.
Occorrerà davvero ancora molto tempo perché l’Umanità possa avere organismi indipendenti che si occupino dei crimini di guerra da qualsiasi parte siano stati perpetrati, sia dai vinti che dai vincitori.
Lo spunto per queste annotazioni, che ovviamente meriterebbero un maggiore approfondimento, nasce oltre che dall’attualità dell’argomento, dal fatto che sulla Gazzetta Ufficiale del 30 Aprile u.s. è stato pubblicato il decreto legge n. 36[1] il quale prevede misure urgenti di natura economica legate all’attuazione del noto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (acronimo, P.N.R.R.).
Nonostante il testo normativo presenti una serie di disposizioni dal carattere estremamente variegato, nel peggiore stile della normazione da parte dei nostri governanti, degno di nota è certamente l’Articolo 43 che trova la sua collocazione all’interno del Capo VII rubricato “Disposizioni in materia di giustizia”.
In forza del predetto articolo, viene istituito un Fondo “per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945” e volto a risolvere un annoso contenzioso intercorrente tra cittadini italiani e la Repubblica Federale Tedesca con riferimento ai crimini commessi durante il secondo conflitto mondiale.
Negli anni successivi ai fatti bellici della seconda guerra mondiale, molti cittadini italiani citarono in giudizio lo Stato Tedesco ed i responsabili di fatti di cui veniva affermata la caratteristica di “crimini di guerra”, in genere si trattava di eredi di vittime di rappresaglie o comunque di uccisioni ingiustificate dal fatto bellico. Le cause sono spesso finite con sentenze di condanna a carico della Repubblica Federale Tedesca e delle persone fisiche responsabili dei fatti, ma l’esecuzione di tali sentenze – cioè l’effettivo ottenimento del risarcimento – era pressoché impossibile nei confronti di uno Stato che faceva valere la propria immunità giurisdizionale rispetto ai giudici italiani, confermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Uno degli argomenti che lo stato tedesco opponeva in propria difesa era il richiamo delle compensazioni operate a favore dell’Italia al termine della guerra, anche a titolo di risarcimento di tali danni subiti dai cittadini italiani.
E’ per tutto questo che lo Stato Italiano – peraltro con i “suoi” tempi visto che sono trascorsi circa 80 anni dai fatti e sono morti la maggior parte degli aventi diritto – ha ora istituito il Fondo oggetto dell’art. 43 del D.L. 36/22, che dovrà essere regolato da un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (MEF), di concerto con il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale unitamente al Ministro della Giustizia, da emanarsi non oltre centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (e cioè entro e non oltre il 28 Ottobre p.v.).
Ciò che però ci preme portare all’attenzione dei lettori della nostra Newsletter – e in tutta onestà riteniamo scandaloso per lo scarso rispetto che il governante italiano dimostra nei confronti dei propri cittadini – è il contenuto del comma n. 6 del richiamato art. 43: coloro che non hanno ancora un titolo a proprie mani (e cioè una sentenza passata in giudicato ovvero un’azione giudiziaria avviata) e che necessitano, quindi, di rivolgersi ad un Giudice per accertare la sussistenza del crimine subito, in via alternativa, da loro (se ancora in vita) o da un loro dante causa (nel caso in cui l’azione venga intrapresa dagli eredi della vittima), questi ultimi sono obbligati a promuovere l’azione – si noti bene, a pena di decadenza (!) – entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento (che ricordiamo essere entrato in vigore in data 1° Maggio u.s.) e cioè entro e non oltre il 30 Maggio: termine quindi già trascorso nel momento in cui scriviamo!
Un tale sistema di legiferazione non solo non rispetta le vittime-danneggiati, posto che il termine decadenziale ormai maturato di fatto impedisce di usufruire della tutela rappresentata dal Fondo, ma soprattutto accentua quel senso di sfiducia verso le istituzioni che evidentemente trattano il cittadino come una sorta di nemico da intrappolare tra “lacci e lacciuoli” , come ricordava Montanelli, con ciò incidendo negativamente su senso di legalità nel nostro Paese
Auspichiamo che in sede di conversione si possa prevedere un termine decadenziale più ampio, ad esempio un termine ragionevole potrebbe essere quello di 3 anni, concedendo ai cittadini-vittime di poter agire a tutela dei loro diritti nelle opportune sedi.
[1] Cfr. DECRETO-LEGGE 30 aprile 2022, n. 36 “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” pubblicato in GU n.100 del 30-04-2022, reperibile al seguente hyperlink: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2022-04-30;36