Blockchain e Smart Contract [Ep 5/10]

di Daniele Lonardo

La diffusione di soluzioni tecnologiche basate su blockchain è in rapida crescita e l’economia italiana offre un terreno fertile per lo sviluppo, il collaudo e l’adozione di tali soluzioni al punto tale che l’Italia potrebbe assumere un ruolo centrale in questo settore. Un recente studio dell’OSCED[1] (www.oecd.org) evidenzia come alcuni comparti chiave del nostro tessuto economico – quelli ad esempio dove l’origine dei prodotti (il “Made in Italy”) rappresenta un importante valore di mercato oppure nei settori industriali orientati alle esportazioni – potrebbero trarre importanti benefici attraverso l’implementazione delle tecnologie di registro distribuito, capaci di assicurare trasparenza, sicurezza e tracciabilità dei dati e delle informazioni.

A livello internazionale, i progetti legati alla blockchain si sono principalmente concentrati nei settori legati alla catena di approvvigionamento, alla privacy, alla proprietà intellettuale e nel settore delle risorse umane; in Italia, alcune importanti aziende del comparto agroalimentare, finanziario, assicurativo e dei servizi di pubblica utilità hanno avviato e testato tali soluzioni fin dal 2017. La maggior parte delle aziende italiane, oggetto di intervista, ha optato per l’adozione di sistemi blockchain di tipo chiuso (blockchain private): il potere di prendere decisioni è limitato ad un singolo nodo della rete (nodo centrale) al quale è demandato il compito tanto di approvare i nuovi nodi della rete quanto di aggiungerli alla blockchain gestendo i vari protocolli. Sebbene tale sistema limiti drasticamente il carattere di decentralizzazione (core value della blockchain bitcoin), permette all’azienda di appaltare tali servizi ad un amministratore unico, personalizzare il prodotto ed assicurare tempi di esecuzione ridotti rispetto, ad esempio, alle applicazioni blockchain di tipo pubblico. Sul versante della sicurezza, inoltre, il rischio è limitato in quanto esiste sempre un singolo punto di errore, rappresentato dal nodo centrale della rete. Inoltre, il fatto di optare per una blockchain ti tipo privato, consente al potenziale cliente di avere una controparte chiaramente definita che garantisca il funzionamento della rete. Lo studio, nonostante si focalizzi principalmente sul settore delle start up e PMI, pone l’accento su alcuni gap, quali ad esempio: la complessità della normativa applicabile a tele emergente tecnologia unitamente alla la mancanza di un quadro legislativo chiaro circa le opportunità di finanziamento tanto a livello pubblico quanto a livello locale; la mancanza di un riconoscimento giuridico completo degli smart contract e, ancora, alla necessità di assicurare un’interpretazione uniforme a livello comunitario delle regole tecniche riguardanti la condivisione delle API (Application Program Interface) tra le banche.

Con riferimento nello specifico agli smart contract, l’approvazione del Decreto Semplificazioni (D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge con L. 11 febbraio 2019, n. 12), prevede all’articolo 8-ter, una prima – ancora lacunosa – definizione affermando che “gli Smart Contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto”. Ad oggi, tuttavia, tali requisiti non sono ancora stati emanati dalla predetta agenzia.

E’ soprattutto il settore della PA ad aver avviato le più rilevanti sperimentazioni legate alla blockchain: già nel 2015, il MISE si era fatto promotore di due progetti pilota volti a testare la tecnologia blockchain nel settore pubblico. Entrambi i progetti sono stati co-finanziati dalla Commissione Europea all’interno del Programma Horizon2020: il primo,  chiamato SUNFISH (budget: 4,5 milioni di euro) è stato sviluppato e testato tra il 2015 ed il 2017, ponendosi come obiettivo quello di risolvere le problematiche del settore pubblico in campi quali la condivisione sicura di informazioni riservate tra Cloud privati e l’utilizzo in sicurezza di Cloud pubblici, fornendo un esempio reale delle funzionalità del nuovo strumento ai futuri utenti. Il prototipo italiano ha utilizzato gli smart contract per garantire l’integrità e la riservatezza degli scambi d’informazioni tra il MEF e la Polizia di Stato, in particolare relativamente alla residenza e allo stato civile degli agenti della pubblica sicurezza italiana. Il secondo, PoSeID-on (2015 – 2020) rispondeva alla necessità di rendere i servizi tecnologici della Pubblica Amministrazione, conformi alla normativa in materia di protezione dei dati personali, garantendo agli utenti la portabilità dei dati, il diritto all’accesso e il diritto all’oblio, attraverso lo sviluppo di una piattaforma innovativa per la loro gestione e protezione.

Tra gli istituti finanziari, Banca Mediolanum già lo scorso anno, aveva reso noto di aver certificato l’immodificabilità̀ della Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) attraverso l’utilizzo di una blockchain Ethereum; quest’anno, il progetto ha fatto ulteriori passi in avanti: oltre alla versione bilingue, sono state utilizzate tre differenti piattaforme blockchain: Ethereum, Bitcoin e EOS[2]. Il processo di notarizzazione, realizzato attraverso la pubblicazione del codice hash del documento sul sito istituzionale della Banca, trova un importante precedente nella “Notarchain”, la blockchain proposta dal Notariato in occasione del 52^ Congresso Nazionale (Palermo, 12-14 ottobre 2017[3]).

Nel settore agro-alimentare, Carrefour, dopo il successo relativo alla tracciabilità dei polli nel 2018, ha proseguito con l’utilizzo della blockchain nel settore degli agrumi: attraverso il combinato blockchain e QR Code applicato sull’etichetta del prodotto, l’utente finale ha la possibilità di tracciare, in maniera trasparente, i dati dinamici e specifici di ogni lotto di produzione. Anche Barilla, attraverso la collaborazione con IBM ha implementato il sistema blockchain per la tracciabilità di alcuni suoi prodotti mentre la Nestlé ha sfruttato la tecnologia blockchain per certificare e tracciare le esportazioni – ad esempio oltreoceano – del Bacio Perugina, allo scopo di scongiurare possibili contraffazioni.

[1] Bianchini, M. and I. Kwon (2020), “Blockchain for SMEs and entrepreneurs in Italy”, OECD SME and Entrepreneurship Papers, No. 20, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/f241e9cc-en.

[2] https://www.bancamediolanum.it/static-assets/documents/comunicazioni/2020/20.11.19_CS-_DNF_SU_BLOCKCHAIN.pdf

[3] https://www.notariato.it/sites/default/files/cs_notarchain_13102017.pdf

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