Si fa un gran parlare di questi tempi di vino dealcolizzato: chi non l’ha ancora assaggiato e non ci tiene a farlo, chi l’ha assaggiato e si è convinto, chi no e chi, da ultimo, lo accetterà come nuovo segmento produttivo che, volenti o meno, prenderà il suo spazio sul mercato.
A livello normativo il concetto di vino dealcolizzato ha fatto il suo ingresso in Europa con il Regolamento UE 2021/2117 del 2.12.2021 che, a propria volta, fa parte di un “pacchetto” di norme di matrice europea rientrante nell’ambito della legislazione che ogni sette anni rinnova e riprogramma la Politica Agricola Comune.
Le disposizioni contenute nel Reg UE 2021/2117 sono molte, ma in questa sede si tenterà di fornire le prime nozioni di base per avvicinarsi all’argomento ponendosi, da ultimo, una domanda: perché se il regolamento europeo è del 2021, la questione in Italia è di attualità solo oggi, nel 2025?
La prima cosa importante da sapere è che il prodotto base da cui nasce il vino dealcolizzato è il vino tradizionale, ossia quello che i consumatori hanno sempre acquistato ed i produttori hanno sempre commercializzato; i processi attraverso i quali il vino può essere dealcolizzato sono indicati in via tassativa e sono:
- Parziale evaporazione sotto vuoto;
- Tecniche a membrana;
- Distillazione.
In secondo luogo, è importante sapere che il legislatore europeo distingue tra vino “dealcolizzato” e vino “parzialmente dealcolizzato”: nella prima definizione rientra il prodotto il cui titolo alcolometrico effettivo è inferiore a 0,5%. Viene definito, invece, “parzialmente dealcolizzato” il prodotto il cui titolo alcolometrico è superiore a 0,5% e inferiore “al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione”, ossia il tasso alcolico che deve avere una determinata bevanda per essere definita tale (per il vino 8,5 – 9%).
A scanso di equivoci, e per specifica precisazione della Commissione Europea che sul punto si è espressa con la Comunicazione C/2024/694 del 15.1.2024, non può essere definito “vino parzialmente dealcolizzato” il prodotto avente un titolo alcolometrico inferiore a 8,5-9% che sia il risultato del “taglio” (volgarmente miscela) di un vino dealcolizzato e di un vino tradizionale.
Potrà invece essere definito “vino”, nel senso proprio del termine, il prodotto risultante dal taglio di un vino tradizionale e di un vino dealcolizzato il cui titolo alcolometrico sia superiore a 8,5 – 9 % in quanto ciò può essere considerato come una miscelazione o “taglio” esattamente come spesso accade tra due vini diversi per scelte commerciali e/o sensoriali.
Un terzo elemento fondamentale per inquadrare questo nuovo prodotto – cioè il vino dealcolizzato – è che l’etichetta dovrà indicare la data di scadenza per il consumo. La ragione appare evidente atteso che l’assenza di alcol facilita il deperimento organico del prodotto. Soggetto deputato a determinare la data di scadenza è l’Operatore del Settore Alimentare (OSA), sulla scorta delle indicazioni fornite dall’Autorità Europea per la sicurezza Alimentare (EFSA).
E in Italia invece? Come ci si è posti in riferimento al Regolamento UE sopra richiamato?
Al netto di ogni più ampia considerazione sulla naturale ritrosia per il vino dealcolizzato da parte popolo italiano, la cui importante tradizione vitivinicola ed i relativi disciplinari mal si sposano con l’idea di considerare vino un prodotto senza alcol, mentre l’idea stesa del vino è strettamente legata ad un volume alcolometrico anche importante, vi sono ragioni di natura normativa che, sino ad oggi, hanno fatto ritenere che nel nostro Paese la pratica fosse vietata.
A tali dubbi, in buona parte, ha dato risposta il Decreto del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste n. 672816 del 20.12.2024 che dirada ogni dubbio su una possibile incompatibilità tra la norma europea e l’art. 15 L. 238/2016 (Testo Unico Vino) precisando che il “…il processo di dealcolizzazione, parziale e/o totale, avviene esclusivamente negli stabilimenti o nei locali a ciò appositamente destinati, dotati di registro dematerializzato di cui all’art. 147, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1308/2013…” e precisando ulteriormente che “…tali stabilimenti o locali non sono intercomunicanti, anche attraverso cortili, con stabilimenti o locali adibiti alla produzione o alla detenzione dei prodotti vitivinicoli, nonché dei prodotti vitivinicoli aromatizzati e agli stabilimenti in cui tali prodotti sono detenuti per essere utilizzati come ingredienti alle distillerie, agli acetifici…”.
Ma la novità forse più importante introdotta dal DM n. n. 672816 del 20.12.2024 è contenuta nell’art. 3 ove è espressamente esclusa la possibilità di effettuare processi di dealcolizzazione “…per le categorie di prodotti vitivinicoli a denominazione di origine protetta ed indicazione geografica protetta…”.
Non vi è chi non veda in questa scelta un tentativo di proteggere le eccellenze vitivinicole italiane e, forse, il dover mettere mano ai disciplinari di produzione. Ma staremo a vedere cosa succederà!
È rimasto, invece, irrisolto il nodo delle accise che, come avevano sottolineato Unione italiana vini e molti produttori vitivinicoli, al momento pare bloccare la produzione.
Stay tuned…