di Davide Gatto
Il 16 gennaio scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato la proposta dello schema di D.P.R. riguardante la “Tabella Unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra 10 e 100 punti per la quantificazione del danno non patrimoniale, nella sua componente biologica e morale, per lesioni di non lieve entità“. Questo regolamento riguarda le lesioni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nonché quelle conseguenti all’attività dell’esercente la professione sanitaria e della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata. L’approvazione è avvenuta in esecuzione dell’attività regolamentare delegata ai tecnici secondo l’art. 138 del Codice delle Assicurazioni, anche se il processo di approvazione è stato temporaneamente interrotto dalla sospensione del parere necessario del Consiglio di Stato, che ha rilevato problematiche procedurali e sostanziali.
Lo schema di D.P.R. in questione dovrebbe colmare il vuoto regolamentare persistente sin dall’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni, avvenuta 18 anni fa. Tuttavia, nel corso degli anni, tale vuoto è stato compensato dalle tabelle liquidative del Tribunale di Milano e del Tribunale di Roma. Nonostante il legislatore abbia espresso la volontà di rispettare l’evoluzione giurisprudenziale sottesa a queste tabelle e di tener conto dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, lo schema di decreto non risulta rispecchiare questo intento.
Le argomentazioni fornite dall’Esecutivo per giustificare le scelte contenute nello schema di decreto, che si discostano illegittimamente e significativamente dall’effettiva volontà legislativa, appaiono deboli. Su tutte, l’applicazione dei valori monetari previsti per la liquidazione danno biologico permanente e temporaneo conseguente a lesioni di lieve entità anche in caso di macro-lesioni è da considerarsi arbitraria, in quanto non rispetta la volontà del legislatore. Difatti, con la previsione di due distinte norme, il Legislatore ha invece inteso differenziare la disciplina volta alla tutela risarcitoria in caso danni conseguenti a macro-lesioni (ex art. 138 CdA, ossia in caso di lesioni di maggiore entità comportanti un’invalidità permanente tra il 10% e 100%) rispetto ai casi di danno da micro-lesioni (ex art. 139 CdA, ossia in caso di lesioni di lieve entità comportanti un’invalidità permanente sino ad 9%) stante la diversa e significativa rilevanza tra le due ipotesi. Ne consegue che tale scelta da parte dei tecnici comporta una ingiustificata riduzione degli importi risarcitori, dando così corso alla sola esigenza di avvantaggiare economicamente le compagnie a discapito dell’ulteriore e ben più importate esigenza primaria della norma qual è quella di “garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito”.
Il Consiglio di Stato ha rilevato diverse irregolarità e inadeguatezze nello schema di decreto, sia a livello procedurale che sostanziale, e ha pertanto sospeso il proprio parere al fine di consentire alle Amministrazioni interessate di riattivare la procedura per lo sviluppo di una tabella che tenga effettivamente conto dei parametri risarcitori ritenuti congrui della giurisprudenza e che non comporti regressioni dei risarcimenti. Ha sottolineato la necessità di garantire un pieno e integrale risarcimento delle vittime atteso che si tratta della primaria esigenza imposta dalla norma, senza compromettere l’equità della tutela in ragione di una secondaria esigenze qual è la razionalizzazione dei costi assicurativi. L’auspicio è che si giunga a un regolamento che rispetti adeguatamente i diritti delle vittime e non comporti riduzioni ingiustificate dei risarcimenti.
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