Pezzi di ricambio con marchio casa automobilistica

Pezzi di ricambio compatibili: è lecita la commercializzazione di ricambi che riproducono il marchio della casa automobilistica? Il caso AUDI

di Fabrizio Lala

Il 25 gennaio scorso, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) ha emesso una sentenza di sicuro interesse nell’ambito dei ricambi compatibili per auto. La Corte si è pronunciata infatti sulle conseguenze giuridiche della commercializzazione di ricambi non originali, che includano una fedele riproduzione del marchio dell’auto su cui sarà montato il ricambio.

La vicenda, sorta a seguito della vendita, in Polonia, di pezzi di ricambio non originali AUDI (griglie per radiatori) muniti del noto simbolo, destinati a modelli degli anni ’80 e ’90, si inserisce nella più ampia disputa che vede contrapposti da un lato i marchi automobilistici, titolari di numerosi marchi e disegni e modelli (design) registrati a tutela dell’aspetto esteriore di particolari delle auto – ad es. cerchioni, griglie e fari – e, dall’altro, produttori e rivenditori di ricambi compatibili, interessati a proporre pezzi esteticamente quanto più simili a quelli originali.

Specifico oggetto del contendere il noto marchio AUDI, composto da quattro cerchi concatenati, che rappresentano le quattro aziende che nel 1932 diedero vita alla casa tedesca (Wanderer, Audi, DKW ed Horch):

Marchio UE n. 000018762, che designa (tra l’altro) «veicoli terrestri, aerei e nautici e loro parti, compresi nella classe 12, compresi motori per autoveicoli», titolare Audi AG.

Il giudice polacco, investito da Audi AG di una causa contro il rivenditore di griglie per radiatori munite di un simbolo identico o molto simile al logo AUDI, ha deciso rivolgere alla CGUE una domanda di pronuncia pregiudiziale, avente ad oggetto l’interpretazione di alcune norme del Regolamento sul marchio dell’Unione Europea (Reg. n. 1001/2017):

– l’art. 9, che prevede i diritti esclusivi del titolare del marchio UE, consistenti in estrema sintesi nel diritto di vietare l’uso, da parte dei terzi, di marchi identici per prodotti o servizi identici (lett. a), di marchi identici o simili per prodotti o servizi identici o simili, qualora sussista un rischio di confusione (lett. b), e di marchi identici o simili, anche per prodotti e servizi diversi, qualora il marchio possa ritenersi notorio;

– l’art. 14, che stabilisce i limiti ai diritti esclusivi del titolare, tra i quali rileva in questa sede la possibilità per i terzi di utilizzare il marchio UE per far riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, “specie se l’uso di tale marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio” (lett. c).

Secondo la CGUE, l’art. 9 del Reg. 2017/1001 deve essere interpretato nel senso che un terzo che, senza il consenso del costruttore di auto titolare di un marchio dell’UE, importa e pone in vendita pezzi di ricambio (nella specie, griglie per radiatori, contenenti un elemento che rispecchia tale marchio) con una forma identica o simile, fa uso di un segno nel commercio in un modo tale da pregiudicare una o più funzioni del marchio.

In secondo luogo, la Corte ha esaminato i limiti ai diritti esclusivi del titolare del marchio, come previsti all’art. 14 del regolamento, concludendo che l’apposizione di un segno identico o simile al marchio sul prodotto commercializzato dal terzo eccede l’uso a scopo di riferimento di cui all’art. 14, paragrafo 1, lett. c), del regolamento e non rientra quindi in alcuna delle ipotesi coperte da tale disposizione.

Pertanto, secondo la decisione in commento, il costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’UE ha il diritto di vietare ad un terzo l’uso di un segno identico o simile a tale marchio per pezzi di ricambio per tali autoveicoli.

Un altro aspetto di rilievo consiste poi nel riferimento, da parte del giudice del rinvio, alle norme in materia di design. Ai sensi dell’art. 110 del regolamento sul disegno e modello comunitario (Reg. 6/2002) si considera esclusa la protezione a titolo di design di una forma “che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzato (…) allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario”. Si tratta della c.d. clausola di riparazione, che consente, a determinate condizioni, la riproduzione fedele dell’aspetto della componente di un prodotto complesso (ad es., in tema di cerchioni, si veda il caso Acacia, Corte di Giustizia, cause riunite C-397/16 e C-435/16).

In proposito, la Corte ha sottolineato che l’art. 110 del reg. n. 6/2002 è applicabile esclusivamente ai disegni e modelli, non incidendo invece in alcun modo sulla normativa in tema di marchi (sempre in tema di cerchioni, v. caso Ford Trimwheels, C‑500/14).

La decisione in esame conferma la delicatezza del tema e la necessità, per produttori e rivenditori di pezzi di ricambio, di valutare con attenzione e in concreto il rispetto dei diritti di privativa delle case automobilistiche, anche per evitare lunghe ed incerte controversie.

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