Penalizzazione Juventus: un caso raro di applicazione di uno speciale istituto giuridico

di Gaetano Catalano

Ha destato molto scalpore la recente decisione del 20.01.23 della Corte d’Appello della FIGC di condannare la Juventus ad una penalizzazione di 15 punti ed all’inibizione del suo gruppo dirigente a svolgere attività in ambito della Federazione per periodi oscillanti tra gli 8 ed i 30 mesi.

A livello mediatico la questione si è concentrata sulla fondatezza nel merito della decisione secondo il sentire comune del cittadino e soprattutto del tifoso, che è però argomento allo stato inaffrontabile non essendo ancora state rese note le motivazioni della sentenza.

Ciò che però non è stato mai minimamente messo in luce dai media è che, sotto un profilo squisitamente giuridico, ci troviamo in presenza di una ipotesi estremamente rara ed eccezionale.

Il Dispositivo/0065/CFA-2022-2023 del 20.01.23 infatti è stato emanato in esito ad un ricorso per revocazione della precedente sentenza 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 resa dalla medesima Corte Federale d’Appello.

Con quella decisione infatti tutti i numerosissimi imputati (oltre alla Juventus erano coinvolte diverse altre società professionistiche quali Napoli, Genoa, Sampdoria, Empoli, ed i loro amministratori) erano stati integralmente assolti perché, pur rilevando l’esistenza di un sistema opaco e con evidenti criticità, non era stato possibile accertare, , in assenza di un criterio vincolante di valutazione del costo dei diritti sportivi dei giocatori (il cd. cartellino) una violazione colposa di alcuna specifica norma sulla valutazione dei diritti sportivi dei giocatori, di cui peraltro veniva caldeggiata l’emanazione.

Viene allora da chiedersi come sia stata possibile la delibazione di una nuova decisione, che modifichi una precedente avente ad oggetto i medesimi fatti, atteso che, come noto, una volta che una sentenza, sia essa di assoluzione o di condanna, è passata in giudicato (ovvero quando, come nel caso di specie, non sia più passibile di impugnazione perché ha raggiunto l’ultimo grado di giudizio ovvero per il decorso dei termini) essa è per definizione immutabile e che non è possibile essere sottoposti per i medesimi fatti a più procedimenti.

Inoltre un’altro interrogativo che ci si potrebbe porre è perché tale nuova decisione sia stata assunta esclusivamente nei confronti della Juventus FC e dei suoi dirigenti, mentre nulla abbia statuito in merito alle condotte di coimputati (società e dirigenti) del precedente procedimento.

La risposta a entrambi tali quesiti non ha nulla a che vedere, come pure è stato scritto da alcuni media, con partigiane motivazioni “da bar”, ma è la conseguenza di uno speciale, e di rara applicazione, istituto giuridico presente nel nostro ordinamento: la revocazione.

Il nostro Legislatore ha previsto che, in via del tutto eccezionale rispetto alla regola generale della immutabilità delle decisioni passate in giudicato, sia possibile proporre un ricorso per revocazione di una decisione ormai definitiva, laddove successivamente alla sua promulgazione, emergano nuovi elementi istruttori decisivi alla sua modifica.

Ed è esattamente quanto avvenuto nel caso di specie, nel quale la Procura Federale ha proposto un ricorso per revocazione della precedente decisione del 27.05.2022 alla luce dei nuovi elementi istruttori emersi (soprattutto documentazione e intercettazioni dalle quali emergerebbe la consapevole volontà dell’abuso contabile da parte dei dirigenti nella valutazione dei “cartellini” dei giocatori) e a Lei trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino che sta indagando su tale società per altri reati di rilevanza penale.

Diviene allora maggiormente comprensibile sia il perché sia stato possibile adottare questa nuova decisione, di cui peraltro non sono ancora state divulgate le motivazioni, sia perché ha avuto ad oggetto esclusivamente  le condotte tenute dalla Juventus e dai suoi Amministratori, tralasciando totalmente tutte le altre (peraltro numerosissime) parti assolte nel precedente giudizio federale.

Il motivo risiede non certo in un intento maggiormente punitivo nei confronti di quella società, quanto piuttosto nel fatto che solo per le condotte della società torinese e dei suoi dirigenti sono emersi nuovi ed ulteriori elementi di prova tali da consentire il ricorso all’eccezionale ricorso all’istituto della revocazione.

Pertanto laddove emergessero altre prove a carico di quegli imputati assolti nella sentenza del 27.05.22 ben sarebbe possibile esperire tale speciale e tardivo mezzo di impugnazione anche nei loro confronti.

Non spetta a chi scrive, né è sua intenzione farlo, esprimere un’opinione tecnica su tale decisione, vuoi per quanto riguarda la colpevolezza, vuoi per quanto attiene le sanzioni irrogate anche perché si tratta di un’attività impossibile per chiunque non essendo ancora state depositate le motivazioni che hanno indotto la Corte Federale d’Appello ad accogliere il ricorso per revocazione proposto dalla Procura.

Allo stato è quindi concesso solo formulare delle mere ipotesi: quella che appare la più probabile è che, grazie alle intercettazioni ed alle prove documentali raccolte nell’indagine penale dalla Procura della Repubblica e da questa trasmesse a quella della FIGC, la Corte abbia ritenuto sufficientemente provato il dolo specifico dei dirigenti della Juventus di alterare le risultanze finanziarie e che per tale motivo abbia ritenuto irrogabile una sanzione disciplinare pur nell’assenza di una specifica norma in tema di valorizzazione dei diritti sportivi dei calciatori.

Aggiornamento: dopo la redazione del presente articolo, con sorprendente ed inusuale puntualità, la Corte Federale D’Appello ha reso pubbliche le motivazione della decisione in commento confermando che la abnorme mole di elementi probatori raccolti dalla Procura della Repubblica di Torino (tra questi emblematico è il “Libro Nero di FP” [Fabio Paratici]) ha permesso di ritenere accertata, da parte dei dirigenti della Juventus, la volontà di alterare, in maniera sistematica con ripetute fittizie operazioni di compra vendita, i risultati finanziari con gravissima violazione dei fondamentali principi “della lealtà, della correttezza e della probità” previsti dall’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva.

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