Parcheggi ed uso esclusivo di beni condominiali: la corte di cassazione fa chiarezza

di Alessandro Pascale

Nella stragrande maggioranza dei regolamenti condominiali vi è indicazione di aree comuni, come ad esempio cortili o lastrici solari, ad uso esclusivo di specifici condòmini e spesso si sente dire che uso esclusivo e proprietà esclusiva sono in pratica sinonimi.

In realtà la distinzione tra questi due concetti è di fondamentale importanza anche, tra le altre cose, ai fini della determinazione del criterio di ripartizione delle spese di manutenzione e sulle modalità di godimento di detta area comune ed è stata fonte di numerosi contenziosi su tutto il territorio nazionale, con interpretazioni tra loro contrastanti in merito alla configurabilità e ai limiti di tale diritto di uso esclusivo.

Tale contrasto giurisprudenziale è giunto sino alle Sezioni Unite della corte di Cassazione, le quali, come da ordinanza interlocutoria n. 31240/2019, sono state chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto tra le sezioni semplici. Vi erano infatti alcune pronunce che affermavano che l’uso esclusivo su alcune parti comuni dell’edificio riconosciuto nel regolamento condominiale al momento della costituzione del condominio stesso non incide sull’appartenenza di dette parti comuni alla collettività condominiale, bensì sul riparto delle facoltà di godimento tra i vari condomini, che avverrebbe con modalità non paritarie, quindi in deroga alle modalità – paritarie – previste ai sensi dell’art. 1102 e  1117 c.c. Tale diritto, non riconducibile al diritto reale di uso di cui all’art. 1021 c.c., sarebbe secondo tali pronunce di per sé perpetuo e idoneo ad essere trasferito automaticamente ai successivi acquirenti dell’immobile i cui proprietari godono di tale diritto esclusivo.

Sono però intervenute altre pronunce, come ad esempio la sentenza della corte di Cassazione n. 193 del 2020, che hanno affermato l’incompatibilità con il nostro ordinamento giuridico della costituzione di un diritto reale atipico, esclusivo e perpetuo, che di fatto priverebbe di significato l’istituto della proprietà, e mal si concilierebbe con il principio cardine del nostro sistema privatistico del numero chiuso e della tipicità dei diritti reali.

Secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite, spesso la concessione di alcune aree condominiali, come ad esempio i cortili, in uso esclusivo ai proprietari di specifiche unità facenti parte della compagine condominiale si è diffusa attraverso una consuetudine notarile, quale soluzione per ovviare a difficoltà nel frazionamento a livello catastale di aree comuni e, sempre a parere del Supremo Collegio, la creazione contrattuale di diritti atipici significherebbe condizionare irrimediabilmente, senza alcun supporto normativo, anche i futuri acquirenti delle unità immobiliari facenti parte del Condominio.

Le Sezioni Unite con la recente sentenza n. 28972 del 17 dicembre 2020 hanno quindi affermato il principio di diritto secondo il quale la pattuizione avente ad oggetto la creazione di un diritto di uso esclusivo su una porzione di cortile o altro bene condominiale, come per esempio un giardino, costituente per definizione una parte comune dell’edificio, idoneo ad incidere sul diritto all’uso paritario della cosa comune di tutti i condòmini, previsto dall’ordinamento, è preclusa dal principio della tipicità e del numero chiuso dei diritti reali.

La conseguenza di tale pronuncia, che avrà notevole incidenza nei rapporti condominiali, è che un immobile in condominio o è di proprietà privata o è di proprietà condominiale, tertium non datur, la natura privata o condominiale dovrà essere desunta dai titoli di provenienza e dalla natura intrinseca del bene stesso, dovendo il giudice di merito stabilire a chi debba essere riferita la proprietà del bene in questione e quindi i diritti accessori alla proprietà stessa.

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