La ‘fiscalizzazione degli abusi edilizi’ rappresenta una sanzione alternativa e derogatoria rispetto a quella primaria che scaturisce dall’accertamento di un abuso edilizio, consistente nella demolizione e nel ripristino dello stato dei luoghi.
La “fiscalizzazione” è ammessa –eccezionalmente – quando nella fase di esecuzione della sanzione di ripristino e/o demolizione, l’ufficio tecnico comunale accerti che la demolizione della parte abusiva non sia possibile senza compromettere la parte assentita.
In quel caso, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecuniaria, in relazione ad alcuni criteri e parametri, diversamente commisurati dalle norme che ne consentono l’applicazione.
Non sempre è ammessa la Fiscalizzazione.
In particolare, non è consentita – non costituendo fattibile alternativa alla demolizione – in caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.
Non lo è nel caso di interventi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici in assenza di permesso di costruire o SCIA alternativa.
Si applica invece agli interventi realizzati in parziale difformità dal titolo abilitativo all’intervento edilizio o agli interventi di ristrutturazione eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire, i quali, secondo la legge, devono essere rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso edilizio.
In base a quest’ultimo caso, la fiscalizzazione diviene un’opzione quando, a seguito di un accertamento dettagliato, si constata, come detto sopra, che il ripristino dello stato originario non è fattibile senza provocare danni irreparabili alla parte dell’edificio eseguita in conformità al titolo edilizio.
L’impossibilità di demolizione deve essere dichiarata dal soggetto interessato (proprietario o responsabile dell’abuso) e accertata dal Comune nella fase successiva all’ingiunzione, ovvero quando si emette l’ordine di demolizione.
Sul tema è di recente intervenuto il Supremo Consesso con la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 3/2024 che ha dato una risposta alle problematiche riguardanti la quantificazione della sanzione pecuniaria.
In particolare è stata data corretta interpretazione dell’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, che prevede la possibilità di infliggere una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile a seguito della realizzazione di opere abusive aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso secondo l’indice ISTAT del costo di costruzione.
Secondo una prima interpretazione, la sanzione doveva essere determinata secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale (392/1978) e poi il relativo importo andava aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione.
Secondo una diversa prospettiva, la sanzione doveva essere determinata con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso; l’importo così ottenuto andava incrementato sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione.
L’Adunanza Plenaria – che ha anche chiarito che per “data di esecuzione dell’abuso” debba intendersi il momento di realizzazione delle opere abusive (e non quello dell’accertamento dell’abuso) – ha previsto che ai fini della determinazione della sanzione pecuniaria da determinare ex art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, deve procedersi alla determinazione della superficie convenzionale ai sensi dell’art. 13 della legge n. 392/1978 ed alla determinazione del costo unitario di produzione, sulla base del decreto aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso. Il costo complessivo di produzione, dato dalla moltiplicazione della superficie convenzionale con il costo unitario di produzione, va attualizzato secondo l’indice ISTAT del costo di costruzione.
La pronuncia è importante perché ha posto dei primi principi chiarificatori sulla quantificazione delle sanzioni e sull’attualizzazione, facilitando anche la circolazione di immobili con abusi non ripristinabili, permettendo il calcolo della diminuzione di valore.