La collazione ereditaria è un istituto disciplinato all’art. 737 del codice civile che stabilisce che “I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati. La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile”.
Si tratta dunque di un’operazione preliminare alla divisione ereditaria a cui sono tenuti i prossimi congiunti del defunto, nello specifico il coniuge, i figli ed i loro discendenti, che devono conferire alla massa ereditaria tutti i beni mobili e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando quest’ultimo era in vita.
La ratio di tale istituto è quella di riequilibrare, al momento dell’apertura della successione, gli eventuali assetti patrimoniali alterati da donazioni ricevute quando il de cuius era ancora in vita e ripristinare dunque la parità di trattamento tra determinati eredi.
Come detto prima, solo il coniuge, i figli ed i loro discendenti sono tenuti a farla, per chi non è tra questi soggetti la collazione non opera.
Recentemente, con l’ordinanza n. 188141 del 4 luglio 2023, la Cassazione è tornata ad affrontare il tema della collazione, rispondendo al quesito se le donazioni effettuate in vita dalla madre alla figlia durante la convivenza siano o no soggette a collazione.
La vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte è la seguente: a seguito del decesso della madre, due fratelli lamentavano la lesione della quota di legittima loro spettante in virtù delle donazioni, consistenti in multiple somme di denaro, effettuate in vita dalla madre alla figlia (sorella degli attori). Il Tribunale e la Corte d’Appello confermavano la lesione della quota di legittima. La figlia soccombente ricorreva in Cassazione rilevando come la convivenza ventennale con l’anziana madre costituirebbe un elemento impeditivo a qualificare i versamenti di denaro come donazioni.
La Suprema Corte, con l’ordinanza 188141/2023 dà ragione alla ricorrente, precisando che per presumere l’esistenza di molteplici donazioni di somme che fanno sorgere l’obbligo della collazione, sia necessario tenere conto di diversi elementi.
Innanzitutto, va ricordato che, in caso di asserita lesione della quota di legittima, ed ai fini dell’obbligo di collazione tra i soggetti indicati dall’art. 737 c.c., rilevano le donazioni, dirette e indirette, fatte in vita dal de cuius.
Secondo l’articolo 742 c.c., non sono comunque soggette a collazione, tra le altre, le spese di mantenimento e di educazione, quelle sostenute per malattia, quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze, né le liberalità d’uso.
Il presupposto dell’obbligo di collazione è, dunque, che il coerede ad esso tenuto abbia ricevuto beni o diritti a titolo di liberalità dal de cuius direttamente o indirettamente tramite esborsi effettuati da quest’ultimo.
La Cassazione precisa però che bisogna valutare “in che misura tali elargizioni possano essere giustificate dall’adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale, e dunque accertare che ogni dazione fosse stata posta in essere esclusivamente per spirito di liberalità”.
Nel caso di specie, la convivenza per ventiquattro anni tra l’anziana madre e la figlia ha reso comprensibile ipotizzare che le somme di denaro che la prima consegnava alla seconda costituissero un adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale.
Né è stato provato in causa dai fratelli, ed accertato dai giudici di merito, il fatto che tali esborsi fossero stati posti in essere per spirito di liberalità, cioè con la consapevole determinazione dell’arricchimento della figlia e non, invece, come è stato ritenuto dalla Cassazione, per adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza.
Per questi motivi la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dalla donna ed ha cassato la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello per la decisione.
La successione mortis causa presenta, nella maggior parte dei casi, elementi di grande complessità sia rispetto alla gestione degli aspetti emotivi delle parti coinvolte sia rispetto all’applicazione ed interpretazione delle norme e degli istituti che la regolano. L’ausilio e l’assistenza di un avvocato esperto in diritto successorio è pertanto consigliabile per la gestione di una successione ereditaria.