di Matteo Pira
Il divieto (o blocco) dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, introdotto dall’art. 46, D. L. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. Cura Italia), costituisce una misura eccezionale, determinata dalla situazione di emergenza sanitaria con le conseguenti chiusure di attività economiche imposta dai numerosi interventi normativi succedutisi durante l’emergenza. La previsione del divieto di licenziamenti trova un precedente solo al termine della seconda guerra mondiale con il D. Lgs. Lgt. 21 agosto 1945, n. 523.
Recentemente il D. L. 146/2021 ha previsto un ampliamento della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione e una contestuale proroga della durata del blocco dei licenziamenti. In particolare, vengono ora previste tredici settimane aggiuntive di cassa integrazione in deroga e di assegno ordinario fruibili dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021, nonché – per le industrie tessili, di confezioni di articoli di abbigliamento e altre – nove settimane di cassa integrazione guadagni ordinaria utilizzabili nel medesimo periodo.
Il blocco dei licenziamenti impedisce di intraprendere la procedura di licenziamento collettiva (prevista dalla L. 223/1991) e di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 L. 604/1966. La durata di tale divieto varia a seconda delle caratteristiche dei datori di lavoro (ad esempio in base al settore merceologico) e/o in base al fatto che si usufruisca di trattamenti di integrazione salariale. In base a tali elementi il blocco dei licenziamenti si protrae sino al 31/10/2021 o al 31/12/2021.
Il divieto di licenziamenti è soggetto a deroga in caso di cessazione dell’attività d’impresa e di stipula di un accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali.
La giurisprudenza di merito è intervenuta con alcune pronunce per chiarire la portata del blocco dei licenziamenti introdotto con l’art. 46 D. L. 18/2020. Con riferimento all’apprendistato è stato affermato che il divieto di licenziamento non è applicabile al licenziamento dell’apprendista al termine del periodo di formazione – poiché si tratta di un autonomo e differente caso di recesso – ma si applica nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dell’apprendista durante il periodo di formazione (Tribunale di Mantova, 11 novembre 2020).
Sul piano della sanzione in caso di violazione del divieto di licenziamento, la giurisprudenza di merito intervenuta sulla questione ha concordemente applicato la reintegra sul posto di lavoro e il contestuale diritto alle retribuzioni maturate tra la data del licenziamento e quella della reintegra, riconducendo tale licenziamento alla categoria residuale degli “altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge” sancita dall’art. 18, comma 1, L. 300/1970 nonché dall’art. 2, comma 1, D. Lgs. 23/2015.