di Sara Commodo
La giustizia predittiva, ovvero come omogenizzare in tutta Italia gli assegni di mantenimento.
Nel nostro Paese non esistono regole certe per la determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli o per il coniuge in esito ad una giudizio di separazione o divorzio. La decisione finale anche in presenza di dati fattuali molto simili è ancora oggi altamente imprevedibile e la disuguaglianza genera gravi conseguenze sul piano sociale.
Dall’esigenza di prevedere un valore base tendenzialmente uniforme seppur personalizzabile, nasce l’idea di teorizzare metodi di calcolo e di sviluppare software per calcolare l’entità degli assegni.
Anche il diritto di famiglia dunque viene lambito dalla giustizia predittiva, che in questo caso non usa l’Intelligenza artificiale in senso stretto (intesa come applicazione di sistemi di deep learning che autoproducano decisioni giudiziarie), ma sistemi esperti basati su modelli matematici ed algoritmi che lavorano su un data set specifico, tratto dalla raccolta di dati provenienti prevalentemente dagli orientamenti giurisprudenziali prevalenti nel settore ovvero da separazioni e divorzi consensuali nei quali la composizione degli interessi tra i due coniugi avviene spontaneamente. Il tutto facendo ovviamente riferimento alla normativa vigente.
Ma facciamo un passo indietro: cosa è la giustizia predittiva?
In estrema sintesi è la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite calcoli, di prevedere i contenuti di una sentenza attraverso l’ausilio di algoritmi. Il diritto attribuisce diritti e doveri ed ha la funzione di garantire certezze nelle relazioni umane. La Corte Suprema di Cassazione, organo supremo deputato ad interpretare il diritto, è chiamata ad assicurare uniformità ed unità del diritto oggettivo nazionale. Perché ne sia consentito il controllo, il diritto deve essere certo. Ed allora, se il diritto è oggettivo, essendo fondato su di una base di regole predeterminate e vincolanti, è pensabile poterne prevederne l’applicazione.
E’ da questo presupposto che nasce la giustizia predittiva che viene oggi sviluppata attraverso due metodi: quello induttivo, fondato su un’impostazione statistica-giurisprudenziale (lo studio dei precedenti giurisprudenziali consente di prevedere decisioni future) e quello deduttivo fondato su un’impostazione su base algoritmico-normativa tramite combinazione di dati. Il secondo consentirebbe di superare le criticità del primo che racchiude in sé il rischio della ripetizione dell’errore e della standardizzazione ed, effettivamente, non è in linea con il nostro sistema di civil law e non common law, per cui qualsiasi giudice può legittimamente discostarsi da un precedente.
Ebbene la giustizia predittiva sta trovando spazio per la sua applicazione anche nel diritto di famiglia.
La collaborazione di magistrati, avvocati informatici e matematici ha consentito quindi l’astrazione dei meccanismi di equilibrio che le parti rinvengono consensualmente, l’individuazione dei dati più significativi e ricorrenti così da far emergere le regolarità della ripetizione degli effetti e degli elementi per poi definire un modello logico su cui elaborare il modello matematico, ovvero l’algoritmo. Ai parametri quantitativi si sono aggiunti alcuni parametri qualitativi, con la creazione di scale di valore convenzionale.
Inserendo nei software redditi e patrimoni di entrambi i genitori, le spese fisse di ciascuno, quelle per i figli, il tempo di permanenza dei ragazzi presso l’uno o l’altro genitore, la durata del matrimonio, i programmi permettono di realizzare delle simulazioni.
L’obbiettivo è quello di flettere il contenzioso fornendo alle parti ed a tutti i soggetti che operano nella gestione del contenzioso familiare dati in termini di prevedibilità.
Ciascuno dei metodi di calcolo oggi in uso ha specificità proprie.
Il metodo Chicos (CHIld COst Software) ha il focus sui minori e sulle loro esigenze, sul presupposto che le pendenze tra i genitori debbano trovare composizione separatamente. Il metodo vuole determinare la somma di denaro complessivamente necessaria per allevare un figlio, avendo a mente le plurime variabili che caratterizzano ciascun caso. All’utenza viene chiesto di immettere specifici dati (l’età di ciascun figlio, la residenza e il reddito netto totale di padre e madre). Il software utilizza il metodo di Engel delle scale di equivalenza ed elabora dati sui consumi delle famiglie italiane forniti dall’Istat, puntualmente aggiornati. Viene costruito così il costo medio del mantenimento dei figli presenti in un nucleo familiare di quel medesimo tipo. Questo metodo ha il merito di essersi mantenuto aderente a ciò che il legislatore voleva, non solo denaro per il mantenimento, ma accudimento, cura, partecipazione alla quotidianità da parte di entrambi i genitori.
Il modello adottato dal Tribunale di Palermo, tradizionalmente detto “Metodo Palermo” procede individuando la capacità contributiva di entrambi i genitori nell’usuale formula reddito imponibile meno imposta netta; contempla eventuali esposizioni debitorie contratte nell’interesse della famiglia o per far fronte ad esigenze primarie nonchè i tempi di accudimento di ciascun genitore. Il programma determina la spesa necessaria al mantenimento e ripartisce tale spese proporzionalmente sia ai redditi dei genitori che alla percentuale di accudimento gravante su ciascuno di loro.
Il modello adottato dal Tribunale di Firenze, il c.d. “MoCAM” (modello per il calcolo dell’assegno di mantenimento) prevede come punto di partenza per la quantificazione dell’assegno di mantenimento la definizione dell’obbiettivo che si intende perseguire attraverso la corresponsione dell’assegno. In estrema sintesi l’assegno deve permettere ad entrambi i nuclei che si generano in esito ad una separazione di avere un tenore di vita adeguato rispetto alle risorse complessivamente disponibili e tale da garantire ai figli una condizione di vita sostanzialmente analogo quando vivono con un genitore piuttosto che quando vivono con l’altro. Il modello è fruibile sul sito www.mocam.net: inserendo i dati si ottiene in tempo reale una relazione completa in pdf, realizzata con un format analogo a quello di una memoria producibile in giudizio.
Il metodo SAM (Stima Assegni di mantenimento) – accessibile gratuitamente su www.assegnidimantenimento.it è basato su norme ed evoluzioni giurisprudenziali di principio, su dati ufficiali e pubblicamente accessibili come le rilevazioni della Banca d’Italia in riferimento ai bilanci delle famiglie italiane. Utilizza la medesima scala di equivalenza usata nel calcolo del cosiddetto Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE)
Infine il c.d. Metodo D’Aietti – dal Magistrato che ne è l’ideatore – parte da scale di misurazione basate sull’esperienza pratica del lavoro giudiziario invece che su percentuali fisse di riequilibrio o su analisi statistiche di consumi medi. La metodologia in questione ha poi trovato applicazione nel software ReMida Famiglia. Per metterlo a punto sono stati impiegati sette anni di rilevazione di dati, con l’esame di 2500 procedimenti di separazione e divorzi: l’analisi del passato consente di prevedere regole per il futuro. Il software procede attraverso la compilazione di moduli in cui il sistema propone la ‘redditualizzazione’ di cespiti immobiliari e mobiliar, determina il valore economico in termini di valore locativo corrente di mercato del godimento della casa familiare. La procedura per la determinazione dell’assegno ai figli si articola in quattro fasi: si determina la percentuale di reddito complessivo da destinare ai figli; si determina la quota di contribuzione di ciascuno; si apporta il correttivo dei tempi di permanenza e dell’impegno di accudimento. Il sistema determina anche la quota percentuale della contribuzione dei genitori alle spese straordinarie.
Benché peraltro sia innegabile che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale stia crescendo, soprattutto in questi tempi di pandemia, la nostra professione deve continuare a fare da trait d’union tra le esigenze del singolo e l’applicazione puntuale del diritto. Possiamo confidare e farci assistere dall’algoritmo, ma non possiamo rinunciare alla ricerca della giustizia, frutto della dialettica tra parti/difensore e magistrato.
La giustizia predittiva porta infatti con sé la insormontabile criticità dell’assenza di trasparenza del risultato dell’elaborazione della macchina e l’ancor più problematica fissità delle decisioni. Né il giudice né la parte né l’avvocato sapranno perché la macchina avrà adottato una certa soluzione. La sentenza c.d. “output” di un processo automatizzato non permette di avviare un nuovo ragionamento, di suggerire nuove definizione di rapporti; non è in sostanza impugnabile.
Ed allora, vero che l’algoritmo assicurerà processi veloci, soluzioni conformi su tutto il territorio e decisioni uniformi con performance con la quali l’uomo non è in grado di competere. Tuttavia l’algoritmo si pronuncerà in termini apodittici: è così perché è così. In tale prospettiva, mentre l’avvocato dovrà essere capace di interloquire nell’iter di elaborazione della decisone, unendo conoscenze giuridiche e tecniche, il rischio è quello di avere un processo che difficilmente consentirà ai soggetti coinvolti di maturare la consapevolezza della decisione subita.