Danno auto: la Cassazione riporta in auge il detto “chi rompe, paga”

Danno auto: la Cassazione riporta in auge il detto “chi rompe, paga”

di Andrea Castellano

Purtroppo, avere un sinistro stradale può riservare delle brutte sorprese laddove il valore dell’auto sia inferiore al costo delle sue riparazioni.

In tal caso, infatti, la prevalente giurisprudenza riteneva che il limite risarcitorio corripondesse al valore commerciale della vettura danneggiata, con la conseguenza che in caso di piccole vetture datate (si pensi al caso delle vetture cd “da battaglia” utilizzate dalle famiglie per gli spostamenti cittadini) anche a fronte di un danneggiamento modesto il risarcimento, parametrato pocihè al suo basso valore commerciale, non avrebbe coperto i costi per la riparazione.

In tale situazione quindi il danneggiato non si trovava che davanti a due alternative: o integrare di tasca propria il delta tra il maggior costo delle riparazioni ed il valore del mezzo (rimettendoci tale differenza) oppure rottamare il proprio veicolo e sperare di riuscire a reperire sul mercato un altro mezzo con analoghe caratteristiche, una vera e propria utopia, vista la nota sottostima del valore da parte delle riviste specializzati ed ancora pià in questo periodo storico in cui il reale mercato dei veicoli usati è particolarmente alto.

A fronte di tale quadro, la Cassazione ha recentemente espresso un nuovo indirizzo proprio in un caso in cui il danneggiato in un sinistro stradale, aveva chiesto il risarcimento dei danni subiti al veicolo, le cui riparazioni superavano il valore commerciale del mezzo,

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di rifusione integrale delle spese di riparazione affrontate dal danneggiato benchè superiori al valore commerciale (risarcimento “in forma specifica”), mente il Giudice di appello aveva limtitato il risarcimento al solo valore economico del mezzo ante sinistro (risarcimento “per equivalente”).

Non contento di tale decisione il danneggiato impugnava la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione che con l’ordinanza 10686 del 20 aprile 2023, ha accolto le sue doglianze.

In tale arresto la Cassazione chiarisce che in via principale il danno deve essere risarcito in forma specifica e che la liquidazione per equivalente può essere concessa dal giudice solo a fronte di particolare e ben delineata ipotesi ovvero quando “il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo” (la sottolineatura è nostra ed è il vero fulcro nodale della questione) e che “la verifica di eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull’entità dei costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato”.

La ratio è tanto evidente quanto condivisibile ed è di evitare che da un lato il danneggiante sia onerato onerato di un costo particolarmente maggiore rispetto al valore commerciale del veicolo e, dall’altro di arricchire in modo ingiustificato il danneggiato (la cd. locupletazione del danno) che si ritroverebbe a disporre di un veicolo di valore maggiore in esito alle riparazioni.

Pertanto, affinchè il Giudice possa concedere un risarcimento per equivalente non è sufficiente che le riparazioni siano semplicemete superiori del valore del veicolo, ma occorre la coesistenza di 2 requisiti:

  1. il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore commerciale
  2. la riparazione apporti un effettivo vantaggio al danneggiato, aumentando il valore del veicolo rispetto a quello antesinistro.

E si badi bene che con il termine “notevolmente” la Cassazione non intende indicare uno scostamento algebrico-proporzionale tra il valore commerciale e quello delle riparazioni, ma un valore assoluto tenuto conto di tutte le circostanze concrete del caso specifico.

Anche laddove, come nel caso oggetto della citata ordinanza, le riparazioni costassero il doppio del valore stimato della vettura, tale dato di per sé non sarebbe da solo sufficiente a ritenerle notevolmente superiori.

D’altronde non si può non essere d’accordo con tale impostazione se si pensa ai casi concreti: un veicolo efficiente del valore di € 1.000, perché datato, potrebbe necessitare di riparazioni per € 1.800 (per emendare danni modesti) senza per questo poter automaticamente ritenere, come avveniva in forza della precedente giruisprudenza, che 800€ sia un superamento notevole che impedisca al danneggiato di ottenere l’intero costo dell’intervento riparativo

D’ora in avanti, quindi i chiamati a risarcire il danno al veicolo non potranno (solo) eccepire l’antieconomicità delle riparazioni rispetto al valore del veicolo, ma, per sottarsi all’obbligo di risarcrle integralmetne, dovranno altresì fornire la prova che tali riparazioni siano notevolmente maggiori al valore commerciale del mezzo e che laddove eseguite comportino un ingiustificato arricchimento del danneggiato.

In difetto di entrambi tali requisiti, che sarà onere dei giudici del merito accertare, secondo i Giudici di Piazza Cavour, è da preferire il risarcimento in forma specifica e il risarcimento dei costi riparativi ancorchè superiori al valore del mezzo.

Una buona notizia per i danneggiati.

Articoli

Menu