Cenni sul negozio fiudicario e l’art. 2645 ter c.c.

Il negozio fiduciario entra di diritto nell’insieme degli strumenti di tutela patrimoniale se non altro per le antichissime origini che questo istituto vanta nel nostro ordinamento.
Il diritto romano ci consegna infatti i due casi classici di fiducia:

  • a. fiducia cum amico: si trasferisce il bene ad un altro soggetto con l’accordo, però, di far godere il bene ad altri
  • b. fiducia cum creditore: si trasferisce il bene al proprio creditore con l’accordo che estinta l’obbligazione, il creditore dovrà ritrasferire il bene al suo ex debitore

Molto simili sono i motivi per i quali allora come oggi si ricorreva al negozio fiduciario e fra questi spicca proprie l’esigenza della tutela patrimoniale.
Le motivazioni per le quali usualmente si ricorre ad una intestazione fiduciaria sono note e molteplici: celare situazioni reddituali o patrimoniali ai creditori, esercitare attività di impresa in regime di riservatezza nei confronti del mercato o semplicemente mantenere la riservatezza sulla effettiva consistenza di tutto o parte del proprio patrimonio.

Mentre nell’ordinamento romano le esigenze di tutela venivano attuate tramite un trasferimento di proprietà al soggetto amico, il moderno contratto fiduciario, quanto meno nella prassi italiana, si realizza enfatizzando al massimo il concetto si riservatezza ma senza modificare nella sostanza i diritti dell’effettivo proprietario.

Per meglio comprendere il rapporto intercorrente tra fiduciante e fiduciario è necessario delineare i due distinti concetti di fiducia.

La fiducia si distingue in romanistica e germanistica:
romanistica: caratterizzata da un trasferimento di proprietà ad un terzo che lo gestisce secondo le indicazione del fiduciante (effetto reale + negozio obbligatorio c.d. patto fiduciario). Unico rimedio contro l’abuso del fiduciario è l’azione di r.d.
germanistica:la fiducia germanistica prevede una separazione tra la titolarità effettiva del diritto (che permane in capo al fiduciante) e la legittimazione all’esercizio dello stesso (che viene conferita al fiduciario). Il fiduciante ha dunque a disposizione azioni reali di rivendicazione della proprietà in caso di violazione del patto fiduciario mantiene il controllo sul bene; il fiduciario nulla possiede ed agisce nella sostanza quale mandatario.
Fiduciario e Fiduciante istituendo il rapporto giuridico possono liberamente decidere a quale dei due modelli attenersi.
Modelli standard di contratti con società fiduciarie prevedono che la proprietà del bene rimanga in capo al fiduciante.
E’ evidente che il tipo di fiducia germanistica non consente di assicurare quella tutela patrimoniale che passa attraverso la perdita della proprietà. Tale tutela può però essere attuata in via indiretta attraverso un utilizzo appropriato del c.d. segreto fiduciario.
La legge 1966 del 1939 (che introduce nel nostro ordinamento il fenomeno delle intestazioni a società fiduciarie) non parla espressamente del segreto.
Da una interpretazione sistematica della legge si può evincere che il segreto fiduciario è un principio riconosciuto dal nostro ordinamento, ha portata generale ed è opponibile a chiunque ed è derogabile sono nei casi in cui la legge in ossequio ad un principio di trasparenza considerato di ordine superiore specificamente lo preveda.

Una particolare species del genus “negozio fiduciario” è costituita dal negozio di destinazione, a mezzo del quale il fiduciante vincola uno o più beni di sua proprietà alla realizzazione di un determinato scopo a beneficio di soggetti determinati o quantomeno determinabili.

Allo scopo di consentire la detta finalità si determina quale effetto principale la separazione dei beni vincolati dal resto del patrimonio del proprietario; vale a dire che i beni vincolati ed i loro frutti oltre a poter essere impiegati esclusivamente per il conseguimento del fine di destinazione, possono costituire oggetto di azione esecutiva da parte dei creditori solo per debiti contratti per la realizzazione dello stesso.

Ed in effetti le finalità possono essere le più varie: la tutela di persone diversamente abili, la crescita del minore, la sovvenzione dello studio o della formazione professionale, la sovvenzione e lo sviluppo di attività culturali, il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, etc.
Con l’introduzione nel nostro codice civile dell’articolo 2645 ter (ex articolo 39 novies del d.l. 30-12-2005 n.273, convertito in legge 23-2-2006, n.51) 
viene per la prima volta tipizzato il negozio di destinazione, ma non più come fattispecie specifica, bensì come schema generale ed astratto che saranno poi le parti a curarsi di riempire, seppure all’interno di determinati confini.

Così dispone l’articolo 2645 ter : ”Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. ; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.


Il vincolo di destinazione viene arricchito di una rivoluzionaria opponibilità ai terzi mediante la trascrizione dello stesso; ciò significa che l’eventuale atto di disposizione del bene in violazione del vincolo di destinazione non è più solo fonte di responsabilità per il fiduciario. Infatti l’atto è sì valido, ma inefficace rispetto ai beneficiari della destinazione

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