Riforma Cartabia contro la violenza domestica

Riforma Cartabia: un ulteriore passo contro la violenza domestica o di genere

di Sara Commodo

Anche con la Riforma Cartabia il nostro legislatore ha inteso fronteggiare il fenomeno sempre più emergenziale della violenza domestica o di genere, fenomeno rispetto al quale è cruciale il coordinamento tra le diverse autorità giudiziarie che del problema possono essere investite.

Si sa infatti che il contenzioso civile familiare sempre più spesso coesiste con iniziative assunte dalle medesime parti in sede penale.

Il problema del coordinamento tra autorità giudiziarie era già stato affrontato dalla l. n. 69 del 2019 nota come “codice rosso” in forza della quale era stato inserito nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale l’art. 64-bis c.p.p. che prevede che nel caso siano pendenti procedimenti di separazione dei coniugi o siano in corso cause relative all’affidamento dei minori o alla responsabilità genitoriale, il giudice penale deve trasmettere obbligatoriamente senza ritardo al giudice civile copia dei provvedimenti adottati nell’ambito del procedimento penale aperto per il delitto di violenza domestica o di genere.

Gli artt. 651 e 652 c.p.p. prevedono anche la rilevanza extra-penale delle sentenze, rispettivamente di condanna e di assoluzione, purché emesse in dibattimento. Gli effetti per il giudice civile sono peraltro delimitati sotto vari aspetti, operando il giudicato essenzialmente nel giudizio per le restituzioni e il risarcimento del danno.

La riforma affronta invece un tema diverso, ovvero quello della valutazione della prova di altro procedimento penale quando venga acquisita nella fase inziale dei giudizi minorili o relativi crisi familiare, quando cioè il Giudice debba emettere i provvedimenti provvisori ed urgenti a tutela del minore.

Difficilmente in questa fase può acquisirsi una sentenza penale irrevocabile, ma al più verbali di sommarie informazioni testimoniali, misure cautelari, incidenti probatori, consulenze tecniche, rinvii a giudizio, sentenze non definitive.

Proprio questi atti possono influire sulle decisioni in materia familiare e specificatamente su quelle indifferibili e urgenti che riguardano l’affidamento, la collocazione prevalente del minore e l’esercizio delle responsabilità genitoriali.

Ebbene, a seguito della riforma, il giudice civile potrà emettere i provvedimenti provvisori solo una volta acquisiti gli atti del separato procedimento penale ed averne potuto apprezzare autonomamente il valore probatorio.

In un processo, come quello civile, in cui la parte non è testimone, l’esercizio dei poteri istruttori del Giudice finalizzati all’accertamento degli episodi di violenza diventa fondamentale.

A tali problematiche si unisce il fenomeno cd. della “vittimizzazione secondaria” di chi subisca violenza, fenomeno che consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato, ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all’apertura di un procedimento giurisdizionale.

In questo quadro, si inserisce la nuova Sezione I del Capo III del Titolo IVbis del libro II interamente dedicata alle violenze domestiche o di genere.

Gli artt. 473-bis.40 e ss. disciplinano il procedimento in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o di figli minori, prevedendo

  • le modalità di coordinamento con altre autorità giudiziarie, anche inquirenti (sarà il giudice a richiedere, anche d’ufficio e senza ritardo, al pubblico ministero ovvero alle altre autorità competenti – giudice penale, giudice minorile, autorità amministrativa – informazioni in merito ai diversi procedimenti pendenti, con trasmissione degli atti – purché non coperti da segreto istruttorio – entro il termine di quindici giorni; il pubblico ministero è previsto presenti memorie e produca atti)
  • l’abbreviazione dei termini processuali (art. 473.bis.42, comma 1, c.p.c. prevede la facoltà per giudice di abbreviare i termini fino alla metà, fermo restando la necessità di compiere tutte le attività senza ritardo),
  • specifiche disposizioni processuali e sostanziali per evitare proprio la vittimizzazione secondaria (l’art. 473-bis.42, comma 6, c.p.c. esclude la necessità della comparizione personale alla udienza che potrà avvenire da remoto ovvero a scansioni orarie che, ferma la presenza dei difensori per assicurare la pienezza del contraddittorio, potranno evitare contatti diretti tra presunta vittima e presunto autore della condotta, fermo restando che in caso di comparizione personale, il giudice si astiene “dal procedere al tentativo di conciliazione”; il decreto di fissazione dell’udienza non deve contenere l’invito alle parti a rivolgersi ad un mediatore familiare, quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’art. 415-bis c.p.p. per abusi o violenze).

È dunque normata la possibilità per il giudice di attivare la “corsia preferenziale” per i procedimenti con allegazioni di violenza o di abuso, anche a prescindere dalla necessità di ricondurre le condotte allegate a specifiche ipotesi di reato.

Il fine è quello di verificare, già dalle prime fasi processuali, la fondatezza o meno delle allegazioni, affinché l’adozione dei provvedimenti, anche provvisori, non avvenga con formule di rito, ma solo dopo aver accertato, anche solo in termini di fumus, se l’allegazione di violenza sia fondata o meno. Se l’allegazione risulta fondata anche solo a livello di fumus, il giudice dovrà adottare provvedimenti idonei a tutelare la vittima.

Quanto all’attività istruttoria, si è in presenza pertanto di un procedimento deformalizzato in cui il giudice procede, senza ritardo, anche d’ufficio, all’interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti per tutelare la presunta vittima e adottando le idonee modalità di tenuta dell’udienza a garanzia della vittima, ovvero su richiesta della stessa. Il libero interrogatorio delle parti sarà di aiuto per il giudice perché gli consentirà di mettere a confronto le diverse narrazioni e di acquisire ulteriori elementi per procedere alla istruttoria. Il giudice potrà procedere all’istruttoria anche “anche di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile” avendo cura di garantire il contraddittorio e il diritto alla prova contraria. Potrà escutere soggetti che potrebbero aver assistito a fatti di violenza o abuso, acquisire documenti presso uffici pubblici (ad esempio del Pronto soccorso) o uffici delle Forze dell’Ordine (si pensi ai verbali di accesso degli operatori chiamati per interventi sui luoghi), sempre previo rispetto dell’eventuale segreto istruttorio.

Sempre il giudice procederà personalmente all’ascolto del minore, assicurando il coordinamento con l’autorità penale acquisendo se del caso i verbali e le videoregistrazioni dell’ascolto avvenuto in ambito penale nel corso dell’incidente probatorio  evitando ogni contatto diretto tra il minore e il presunto autore della violenza e dell’abuso e soprattutto evitando una duplicazione dell’attività.

Se all’esito della istruzione, anche sommaria, il giudice ravviserà la fondatezza delle allegazioni adotta “i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall’articolo 473-bis.70, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza” (v. art. 473-bis.46 c.p.c.), ovvero gli ordini di protezione che possano essere richiesti ed emessi anche quando la convivenza sia già cessata.

La tutela si completa infatti con gli artt. 473-bis.69 e 473-bis.70 c.p.c. concernente gli ordini di protezione contro gli abusi familiari.

L’istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante (derogando a quanto previsto dall’art. 473-bis.11 c.p.c.), che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Viene quindi adottato un rito monocratico deformalizzato, in cui il giudice, sentite le parti, procederà nel modo che riterrà  più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice confermerà, modificherà o revocherà l’ordine di protezione

Il ricorso potrà essere proposto sia in pendenza del procedimento di merito, innanzi al giudice che lo conduce, oppure ante causam.

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