di Davide Gatto – Ambrosio & Commodo Studio legale Associato
e di Andrea Ruscica – Agente Capo Procuratore – Reale Mutua Agenzia Principale Torino Castello
– Responsabilità delle strutture sanitarie e RSA – Tutele per i lavoratori – Polizze assicurative –
Abstract:
Ad ormai più di sei mesi di distanza dall’inizio del noto lockdown il bilancio delle vittime del Covid-19 è desolante, ma è ancor più doloroso prendere atto che molte persone sono divenute vittime del “nemico invisibile” a causa della mancata idonea adozione di misure anti-contagio da parte di quei soggetti pubblici o privati che avrebbero dovuto, invece, attivamente predisporre dette misure e controllarne la corretta attuazione. Il riferimento è chiaro e a va tutti quei lavoratori (ivi compreso il personale sanitario mandato al fronte non solo senza armi, ma anche senza protezioni) e a quei pazienti ricoverati presso una struttura sanitaria per patologie ben diverse dal coronavirus e che sono divenute ingiustamente vittime dell’epidemia. In ambito delle tutele indennitarie e più precisamente in tema di polizza assicurativa privata, invece, è preoccupante l’acceso dibattito dottrinario generatosi. Infatti, sebbene tale dibattito, da un lato, possa favorire una pronta risoluzione dei criteri per definire l’applicabilità o meno di determinate tutele contrattuali, dall’altro rischia di divenire una confusa matassa da districare e nella quale potrebbero restare ingiustamente intrappolate le invece dovute tutele a favore delle vittime di coronavirus.
Premessa:
Come tutti sanno o possono immaginare, la pandemia determinata dalla diffusione del Covid-19, ha indubbiamente inciso in modo significativo sulla vita dei cittadini e sui loro diritti. Tanto che sin dai primi giorni del lockdown, a seguito delle straordinarie misure di limitazione delle libertà personali e di chiusura forzata e imprevista di gran parte delle attività produttive, l’attenzione dei cittadini e di gran parte degli operatori del diritto si è concentrata su temi come: i diritti fondamentali, il diritto alla salute, le libertà costituzionalmente garantite, i sussidi, le agevolazioni fiscali, le deroghe contrattuali; nonché su temi come il diritto alla privacy e della responsabilità civile e penale degli enti e dei soggetti che avrebbero dovuto adottare idonee misure volte a limitare la diffusione dei contagi, senza comunque dimenticare le responsabilità dello Stato per non avere agito tempestivamente ed in via preventiva.
Si tratta di temi di assoluta importanza e di diritti tutti meritevoli di tutela. Tuttavia, tralasciando le questioni relative ad es. al diritto dei contratti, alla privacy o alla regolamentazione delle misura assistenziali, per ragioni di spazio, ai fini del presente approfondimento si è scelto di focalizzare l’attenzione sul tema della responsabilità civile e sulle possibili tutele risarcitorie/indennitarie per molte delle vittime del Covid-19. Altra questione di particolare rilevanza e che ha suscitato un ampio dibattito e che sarà esaminata è quella relativa alla indennizzabilità dell’infortunio/malattia da Covid-19 in ambito di polizza assicurativa privata.
Le responsabilità delle strutture sanitarie e RSA:
Con riferimento alle responsabilità in questione occorre senza dubbio preliminarmente valutare se vi siano state delle omissioni da parte delle strutture sanitarie e delle RSA, chiedendosi se tali strutture avrebbero potuto evitare la diffusione del virus al loro interno adottando efficacemente le necessarie misure anti-contagio. Purtroppo la risposta non può che essere affermativa. Infatti, è chiaro che tali strutture non potevano evitare la situazione emergenziale, ma certamente avrebbero potuto gestirla in maniera più efficiente, evitando la diffusione del virus all’interno delle medesime strutture e adottando adeguati protocolli di sicurezza nell’interesse delle persone degenti.
È importante a questo punto anche precisare che la critica circa le possibili responsabilità non è rivolta ai medici come singoli o agli infermieri od operatori socio sanitari – che nel loro operato sono stati eroi e vittime a loro volta – bensì a quei soggetti che per loro competenza avrebbero dovuto predisporre adeguate misure anti-contagio sia a favore degli operatori che a favore dei pazienti. Misure di sicurezza che le suddette strutture avrebbero dovuto adottare adeguatamente, efficacemente e tempestivamente a prescindere dalla portata globale dell’epidemia, ma più semplicemente per evitare infezioni nosocomiali.
Laddove siano riscontrabili tali omissioni è evidente che si configurino delle ipotesi di responsabilità. Inoltre nel caso in cui il paziente, a seguito di tali omissioni, abbia subito delle conseguenze negative (come ad es. un’invalidità temporanea o permanente o l’aver perso la vita a causa dell’infezione da coronavirus), ad esso, o ai familiari in caso di morte, spetta il risarcimento del danno subito. Danno che dovrà rigorosamente risultare provato a cura del danneggiato/vittima o dai suoi familiari aventi causa. Tuttavia, ciò non è sufficiente per avanzare una corretta e completa richiesta risarcitoria, in quanto a tal fine è certamente indispensabile provare l’esistenza di un collegamento causale tra le omesse precauzioni e il contagio. Ciò è fondamentale in tema di responsabilità sanitaria, poiché secondo la più recente giurisprudenza, è onere della vittima dimostrare il nesso causale ovvero, in altre parole, che l’infezione è stata contratta a causa delle mancate misure di prevenzione all’interno della struttura e non certamente altrove.
Tutele per i lavoratori vittime del coronavirus:
Per converso meno gravosa è la tutela indennitaria per i lavoratori. Infatti, l’art. 42, comma 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito che l’infezione da nuovo coronavirus contratta sul luogo di lavoro è tutelata come infortunio dall’Inail, che, con le circolari n. 13 del 03.04.2020 e n. 22 del 20.05.2020, ha peraltro precisato che si tratta di una presunzione semplice di collegamento causale. In altre parole, si presume che il virus sia stato contratto sul luogo di lavoro e che pertanto è indennizzabile dall’Inail come infortunio sul lavoro. Tuttavia, come ha precisato anche l’Inail nelle sue circolari, trattandosi di presunzione semplice, è comunque possibile la prova contraria e pertanto è necessario l’accertamento dei fatti e delle circostanze che facciano desumere che il contagio sia effettivamente avvenuto in occasione di lavoro. Ciò vuol dire che detto istituto non indennizzerà automaticamente tutti i lavoratori richiedenti che hanno avuto conseguenze dannose a causa del Covid-19, ma sarà pur sempre necessario un accertamento sulle modalità di contagio. In sostanza significa che ai fini dell’accertamento del collegamento causale l’onere probatorio risulta agevolato, anche se in particolari casi il lavoratore potrebbe dover comunque fornire la prova di aver contratto il virus sul luogo di lavoro.
Questa presunzione vale non solo per tutto il personale sanitario, ma anche per altre categorie di lavoratori e in particolare per quei lavoratori che svolgono attività con inevitabile contatto con il pubblico (es. impiegati di banca, cassiere supermercato, guardia giurata o addetto alla sicurezza, addetto vendita, impiegato di impresa di pulizia etc.).
Infine, occorre precisare che si tratta di una tutela indennitaria e che pertanto prevede dei criteri liquidativi del danno ben diversi e più riduttivi di quelli previsti in ambito di tutela risarcitoria, che invece, in ipotesi di responsabilità del datore di lavoro, consente di ottenere l’integrale ristoro di tutti i danni subiti.
Infortunio da Coronavirus e polizze assicurative private:
Nel mondo assicurativo, in particolar modo nei circuiti delle Compagnie, da quando siamo stati globalmente colpiti dal Coronavirus, un certo clamore e dibattito si è creato sulla copertura o meno del danno da contagio da parte di polizze malattie o contro gli infortuni.
Il quesito è se la persona che abbia stipulato un’assicurazione privata come una polizza infortuni, polizza malattia, polizza per rimborso spese sanitarie abbia diritto all’indennizzo in caso di contagio da Covid-19.
Per quello che concerne l’assicurazione volontaria contro le malattie e per l’assicurazione di rimborso delle spese sanitarie il problema non si pone: l’indennizzo sarà dovuto se l’evento “malattia infettiva” è incluso nei rischi assicurati.
L’assicurazione volontaria contro gli infortuni merita invece un approfondimento sulla questione.
Le condizioni generali dei contratti di assicurazione contro gli infortuni, infatti, danno una definizione specifica dell’evento liquidabile, ritenendo tale ogni “evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni corporali obiettivamente constatabili”. Definizione quest’ultima che differisce da quella relativa al concetto di malattia, al quale è riconducibile “ogni obiettiva alterazione dello stato di salute non dipendente da infortunio”
E’quindi facile immaginare come tale discrasia tra le suddette definizioni sia usata a livello “negoziale”, in modo tale da poter asserire che nelle polizze di assicurazione private esista un nesso di esclusione reciproca, ossia: quel che è infortunio non può essere malattia, e viceversa.
Perciò la domanda da porsi è: qual è la sostanziale differenza?
La differenza tra il rischio malattia e quello infortuni non sta nelle conseguenze, perché un infortunio può generare una malattia, così come una malattia può generare un caso di infortunio.
La differenza pertanto tra i due rischi assicurati sta nella causa del pregiudizio.
Entrambe le coperture coprono un pregiudizio alla salute, quel che cambia è la natura di quel pregiudizio. Di fatto nella copertura infortuni il pregiudizio dev’essere provocato da quella che viene definita “causa violenta ed esterna”, mentre tale condizione causativa non è necessaria ai fini della copertura assicurativa relativa alle malattie.
Sulla base di tali premesse, il dibattito è tra chi ritiene che l’infezione da Covid-19 possa rientrare all’interno della prima categoria (infortunio), stante la particolare virulenza della pandemia che renderebbe difatti il contagio quale evento “dannoso, imprevedibile, violento, esterna e fortuito” e chi invece riconduce l’infezione da coronavirus alla seconda categoria (malattie).
Il tema in discussione è quindi se nelle polizze infortuni, in cui non vi sia una specifica clausola di esclusione dalla copertura delle infezioni virali, la compagnia assicurativa sia tenuta o meno a liquidare l’indennizzo richiesto dall’ assicurato che abbia contratto il Covid-19. È evidente che una risposta positiva potrebbe, da un lato, avere effetti significativi sul mercato delle assicurazioni e, dall’altro, comportare il rischio di aumentare i contenziosi giudiziari per il riconoscimento delle suddette tutele indennitarie. Allo stato attuale, non vi sono i presupposti che consentano di giungere ad una conclusione certa sia in un senso che nell’altro.
Infatti, in attesa dell’esito definitivo di tale dibattito, le primarie Compagnie Assicurative hanno creato prodotti ad hoc volti a coprire il solo rischio da contagio al Covid-19, garantendo delle somme prestabilite per far fronte sia al ricovero, che all’eventuale terapia intensiva, che alle spese per quello che viene definito post- ricovero.
In definitiva, stante la particolare incertezza in merito al predetto sistema di tutela indennitaria, si ritiene che sia sempre necessaria una valutazione caso per caso da parte di esperti del settore e ciò affinché la vittima da Covid-19 non incorra in superficiali risposte negatorie della tutela ad essa eventualmente spettante.
Conclusioni:
Stante le particolarità sopra esaminate e il non agevole onere probatorio in capo al danneggiato, o ai suoi familiari, risulta fondamentale la corretta impostazione della richiesta risarcitoria o di indennizzo al fine di potersi avvalere efficacemente delle tutele risarcitorie e indennitarie sin qui esaminate. Detta richiesta, in conclusione, dovrà esser corredata da opportune indagini medico-legali e da adeguate valutazioni ad opera di professionisti del settore, evitando così che il sistema rimediale posto a tutela delle vittime venga neutralizzato da formalismi procedurali ovvero resti imbrigliato nelle rigide maglie di una disciplina ricca di limiti categoriali.