Quale scuola dopo il Covid-19?

di Chiara Imerone

Il decreto legge 8 aprile 2020 n. 22 (decreto scuola), convertito in legge il 6 giugno 2020, ha inciso su molteplici aspetti del mondo della scuola, dopo lo sconvolgimento causato dall’epidemia di coronavirus: dalle modalità di svolgimento degli esami di stato del I e II ciclo a quelle del concorso straordinario della scuola secondaria di I e II grado, dall’edilizia scolastica al tipo di valutazioni da applicare agli studenti, fino alle graduatorie per le supplenze, divenute digitali. Il decreto disciplinava anche l’avvio dell’anno scolastico 2020/2021.

In un clima di instabilità e di incertezza, il decreto scuola aveva lasciato quesiti aperti e forse anche dubbi di incostituzionalità. Un esempio su tutti la questione della didattica a distanza (DaD), unica soluzione trovata ed applicata nei mesi di lockdown, e che, nel decreto scuola, veniva effettivamente introdotta come metodo di insegnamento integrativo  (al comma 2 dell’art.3 del dl 22/2020 si legge: “..il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione.. ”), dando quindi per scontato il possesso da parte di tutti gli studenti (ma anche dei docenti) degli strumenti adeguati alla didattica a distanza, con ciò creando un primo importante ostacolo al diritto allo studio (solo a titolo esemplificativo, il Miur aveva informato che il 6% degli studenti italiani, ovvero 500mila, non erano raggiunti da alcun servizio tecnologico).

Nei giorni scorsi si sono faticosamente discusse le linee guida per l’avvio della scuola a settembre: il ministero dell’Istruzione aveva trasmesso alle parti sociali ed alle regioni alcune indicazioni generali cui attenersi, che però erano state ritenute troppo generiche dal momento che rimandavano la maggior parte delle decisioni alle amministrazioni locali ed ai dirigenti scolastici. A seguito di tali rilievi era stata quindi redatta una nuova versione delle linee guida (Piano Scuola 2020/2021), da sottoporre al vaglio della Conferenza Stato – Regioni tenutasi il 26 giugno scorso.

In esito alla conferenza Stato – Regioni di venerdì scorso, è stata approvata la versione definitiva del Piano scuola 2020/21, che costituisce un passo avanti rispetto alla bozza iniziale che aveva indubbiamente generato molta confusione, e che stabilisce le modalità con cui si ritornerà a scuola.

Innanzitutto la scuola ripartirà il 14 settembre (dal 1 settembre ci saranno le lezioni di recupero per gli studenti che non hanno raggiunto la sufficienza al termine dell’anno scolastico appena concluso) con distanziamento e regole sanitarie come indicate dal Comitato Tecnico Scientifico (Cts): dovrà essere rispettata la distanza di un metro tra le bocche (‘rime buccali’) degli studenti. La decisione sull’ opportunità di indossare le mascherine – per il momento obbligatoria per i bambini dai 6 anni un su – sarà rivalutata ed eventualmente adottata dal Cts due settimane prima dell’inizio delle lezioni, tenendo conto del quadro epidemiologico.

Per quanto attiene la frequenza scolastica sono stati previsti turni differenziati: ogni singola classe potrà essere suddivisa in più gruppi di apprendimento o in gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o anche da diversi anni di corso. Le lezioni estese al sabato saranno un’opzione che ciascun istituto scolastico potrà valutare ed adottare. Per le scuole dell’infanzia è previsto esplicitamente che i bambini non portino la mascherina e che gli educatori usino solo protezioni come le visiere trasparenti in modo da essere sempre riconoscibili. E’ previsto che i bambini delle scuole d’infanzia restino sempre con lo stesso gruppo e non vengano mai riallocati in gruppi diversi o misti.

Nel testo approvato è stato affrontato il tema della didattica a distanza, con la specificazione per cui deve essere considerata “complementare” e, quindi, a sostegno alle lezioni in classe, mai del tutto sostitutiva e comunque solo per la scuola secondaria di secondo grado. Nel caso di un ritorno dell’epidemia, è prevista la possibilità di fare didattica online, per lo svolgimento della quale verranno emesse nuove linee guida.

E’ stata ribadita l’opportunità di mantenere il servizio mensa all’interno delle scuole, effettuando anche in questo caso, ove fosse necessario, delle turnazioni oppure, nel caso non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza, con la predisposizione di lunch box da consumare in classe.

Posto che la scuola dopo il Covid – 19 avrà bisogno di più spazio e che si vogliono evitare le cosiddette “classi pollaio”, è stato creato un “cruscotto”, ossia un sistema informatico che si basa sui dati trasmessi da ogni regione e che potrà segnalare, rispetto all’edilizia scolastica, le criticità ed i casi in cui i locali adibiti all’insegnamento non siano sufficienti ad accogliere in sicurezza tutti gli studenti iscritti, in modo da poter agire velocemente sulle situazioni più complesse. Si parla di riutilizzare i vecchi edifici scolastici dimessi, ma anche cinema, musei, biblioteche, teatri in modo da portare gli studenti fuori dalle scuole che non li possono accogliere in sicurezza. Ovviamente ciò farà nascere l’esigenza di avere più personale: il piano scuola approvato prevede l’assunzione fino a 50mila lavoratori tra docenti e personale ATA.

Tra le novità, c’è l’introduzione dell’insegnamento dell’Educazione Civica, che dovrà coinvolgere tutti gli studenti di ogni ordine e grado fin dal mese di settembre prossimo, e che dovrà riguardare lo studio della Costituzione Italiana, lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale.

Parrebbe dunque che nel piano scuola 2020-2021, quello della scuola che convive con il Covid, ci sia una rimeditazione organizzativa e didattica che valorizza ampie forme di autonomia scolastica, seppur con spazi di coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti.

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