Sempre più spesso negli ultimi anni si è posta la questione del genitore separato o divorziato, presso cui il figlio ha prevalente collocazione, che voglia o abbia necessità di cambiare città.
Pacifico che, sulla base dell’art. 16 della Costituzione, tutti i cittadini abbiano diritto di spostarsi liberamente e che quando il cittadino in questione, ancorché separato o divorziato, non ha figli, possa liberamente cambiare città di residenza e spostarsi anche lontano dall’ex coniuge senza problemi.
Invece per un genitore separato o divorziato con prole, la libertà di spostarsi è vincolata dal fatto che al figlio debba essere garantita una crescita sana, che ha come presupposto la bigenitorialità intesa come il mantenimento di adeguati rapporti con entrambi i genitori.
Quando sorge un contrasto tra genitori separati o divorziati rispetto al trasferimento di uno di essi con i figli, cosa decidono i Tribunali?
Si può dire che l’atteggiamento prevalente delle Corti è stato a lungo quello di assecondare le richieste del genitore che si voleva trasferire, generalmente la madre in quanto di solito genitore collocatario, “nascondendolo” sotto la motivazione del prioritario interesse del minore a non vedere intaccato il rapporto con lei.
In molti casi i Giudici hanno di fatto disapplicato – o mal applicato – il principio generale del prioritario interesse del minore facendolo coincidere unicamente con il mantenimento del rapporto quotidiano con la madre, senza sufficientemente indagare quello con il padre o con il luogo in cui il figlio è cresciuto, in cui ha stabilito le sue prime relazioni amicali, più in generale il luogo in cui ha fissato le proprie radici.
Nei casi più estremi, sono state celebrate udienze di audizione dei figli minori cui veniva loro chiesto, a proposito della prospettiva di trasferimento a 1000 km dal luogo in cui erano nati e cresciuti, se preferissero seguire la mamma in un’altra città o restare con il papà nel luogo di abituale residenza, affidando la decisione finale solo ed esclusivamente alle loro risposte, senza ulteriori approfondimenti.
Una consolidata tradizione giurisprudenziale ha ritenuto prevalente e quindi ha agevolato la tutela del legame tra i figli e il genitore ritenuto di riferimento (di solito, appunto, la madre) rispetto al diritto alla bigenitorialità o alla conservazione dell’habitat domestico, inteso anche come luogo fisico in cui i minori sono nati e cresciuti.
In questo contesto, si colloca una recentissima sentenza della corte di Cassazione (n. 12282 del 7.5.2024) che rappresenta invece un importante cambiamento di rotta della Suprema Corte.
La vicenda riguarda una madre separata e collocataria di tre figli che si rivolgeva al tribunale chiedendo di essere autorizzata a trasferirsi a 850 km di distanza insieme ai minori giustificando la propria decisione con motivi lavorativi. Il tribunale concedeva il nullaosta ed il padre reclamava il provvedimento presso la Corte d’appello, che confermava la decisione precedente.
La Corte di Cassazione, invece, ha annullato la decisione della corte di secondo grado ed ha accolto il ricorso del padre sulla base di due rilievi fondamentali: il primo è che, stante la grande distanza tra le due località, sarebbe stato molto difficile conservare la frequentazione regolare dei figli con il padre, anche se la madre aveva garantito al padre la possibilità di vedere i minori e tenerli con sé quando lo desiderava. Il secondo rilievo su cui la Corte ha stabilito la sua decisione è basato sulla mancata valutazione da parte della Corte d’Appello del preminente interesse della prole e delle conseguenze del trasferimento sulla bigenitorialità.
La sentenza della Corte di Cassazione così precisa infatti: “Di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dai coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell‘altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario”.
Non è sicuramente facile valutare quale sia il preminente interesse della prole in casi simili e molti sono i fattori e gli elementi che devono essere indagati e soppesati dal Giudice per giungere ad una decisione. E’ però auspicabile che i giudici abbandonino del tutto una sorta di automatismo di favore verso il genitore collocatario e valutino esclusivamente l’interesse del minore ad essere collocato presso la madre o presso la padre, nonché il diritto del minore alla bigenitorialità, intesa come mantenimento di rapporti continuativi ed equilibrati con entrambi i genitori.