Ripensare la doppia conformità: Il Salva Casa

di Gregorio Torchia

Con la recentissima entrata in vigore del Decreto Salva Casa, sono state inserite alcune interessanti novità, specialmente in tema di “doppia conformità”.

Fino a quest’intervento legislativo, per sanare gli abusi formali (non vi rientrano gli abusi sostanziali che possono solo essere condonati) era necessario rispettare il criterio della doppia conformità urbanistica ed edilizia, previsto espressamente dall’art. 36 del T.U.Ed.

Ma in che cosa consisteva tale requisito? L’intervento abusivo doveva essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia sia dell’epoca di realizzazione dell’abuso, sia del momento in cui veniva presentata la sanatoria. Pertanto, la disciplina sostanziale del passato e quello presente non dovevano ostacolare l’intervento.

Tale definizione ha comportato un consistente problema sotto il profilo edilizio, con aumento di contenziosi con la PA e tra privati. Infatti, la normativa edilizia si è evoluta e stratificata nel tempo, traducendosi in una sostanziale impossibilità di accedere alla sanatoria per molteplici interventi abusivi minori presenti sul territorio nazionale. Tutto ciò in spregio alla ratio dell’istituto, volta al superamento delle irregolarità minori.

Con la legge di conversione n. 105/2024 del Dl 69/2024 è entrato in vigore il c.d. “Salva Casa”, che ha in parte superato il criterio della doppia conformità.

Infatti, con l’inserimento dell’art. 36-bis (Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali), è stato stabilito che in caso di interventi in parziale difformità ed in alcuni casi anche in presenza di variazioni essenziali dal titolo edilizio, si può ottenere il permesso in sanatoria qualora l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente alla presentazione della domanda ed alla disciplina edilizia vigente alla sola realizzazione.

Di conseguenza, parrebbe che il dettato normativo superi definitivamente il problema della doppia conformità edilizia, sdoganando in determinati casi il fatto che per ottenere un titolo in sanatoria sia sufficiente la conformità alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’asserito abuso.

Il recente approdo del legislatore fa sorgere diversi interrogativi sull’utilità pratica della doppia conforme come istituto per ostacolare l’abusivismo. Si ritiene che, anni di rigore interpretativo abbiano generato più fenomeni abusivi e protratto abusi minori nel tempo, con la ripresentazione del problema ad ogni passaggio di proprietà degli immobili.

Infine, non si comprende quale principio d’interesse generale si tutelerebbe impedendo la sanatoria di un intervento su un immobile che sarebbe stato assentito al momento della commissione dell’abuso e che per qualche scelta legislativa successiva risulta insanabile.

Detto ciò, si ritiene che l’istituto in esame abbia raggiunto la sua maturazione e si possa giungere in futuro ad una sua completa abolizione.

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