Reddito di cittadinanza e assegno di mantenimento

di Tommaso Maria Giorgi

Oggi più che mai tutti parlano del Reddito di cittadinanza, la nota misura di sostegno alle famiglie, pensata per il contrasto alla povertà, introdotta ormai quasi 5 anni fa e sin da quel momento oggetto di numerose polemiche.

Come ormai tutti sanno il reddito di cittadinanza è un beneficio economico disposto in favore di chi si trova in una comprovata situazione di difficoltà economica che consente di integrare il proprio reddito (se presente) e di intraprendere un percorso di reinserimento lavorativo.

Ciò di cui, forse, non tutti sono a conoscenza è invece il fatto che il reddito di cittadinanza sia stato sin dalla sua introduzione grande protagonista di numerose pronunce giurisprudenziali aventi ad oggetto il diritto a percepire/versare l’assegno di mantenimento nei contenziosi familiari in cui uno dei soggetti percepisca tale misura dallo Stato.

Sebbene, infatti, il reddito di cittadinanza, vista la sua natura assistenziale, non influisca sugli adempimenti fiscali, non essendo quindi soggetto al pagamento di imposte a differenza degli altri redditi, ciò non toglie che il Giudice della separazione o del divorzio possa tenere in considerazione il reddito di cittadinanza percepito da uno dei coniugi ai fini della determinazione della contribuzione al mantenimento dell’altro coniuge o dei figli.

Con riferimento al coniuge, la giurisprudenza ha infatti stabilito che la somiglianza tra la misura statale e l’assegno di mantenimento non può che portare alla logica conclusione che la percezione del reddito di cittadinanza influisca sul citato assegno e possa pertanto essere incluso tra i giustificati motivi sopravvenuti che alterano in meglio le condizioni economiche del coniuge beneficiario del mantenimento o dell’assegno divorzile e che legittimano, pertanto, una riduzione ovvero la revoca dello stesso.

Questo quanto confermato, tra le tante, dal Tribunale di Frosinone con sentenza del 18 febbraio 2020, con la quale è stato sancito proprio che “il reddito di cittadinanza va qualificato come fatto nuovo sopravvenuto che può giustificare una riduzione dell’assegno”, ovvero dalla Corte d’Appello di Bari il 26 marzo 2021: “laddove il richiedente abbia solo la possibilità di percepire all’attualità un reddito congruo e il reddito di cittadinanza può considerarsi tale, la percepibilità del beneficio sociale andrà considerata ai fini del diritto di ricevere l’assegno divorzile “.

Non solo, nel marzo 2020 la Corte d’appello di Roma si era spinta più in là, affermando che non si ha diritto all’assegno di divorzio se ci si trova in uno stato di disoccupazione volontaria e si hanno i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza”. Quindi, anche la sola sussistenza dei requisiti per il percepimento del reddito di cittadinanza senza che questo venga effettivamente percepito potrebbe comportare la riduzione o addirittura la revoca dell’assegno di mantenimento per il coniuge beneficiario.

Particolarmente innovativo, infine, il principio giuridico introdotto dal Tribunale di Avellino nel 2022 all’esito di un giudizio di divorzio, poi seguito dal Tribunale di Verona. Il Tribunale campano, sulla base della natura “compensativa e perequativa” dell’assegno divorzile sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la nota sentenza 18287/2018, ha revocato il mantenimento da € 700,00 in favore della moglie percettrice del reddito di cittadinanza in considerazione del fatto che il sussidio sociale (rdc) “implica capacità e idoneità al lavoro incompatibili con l’istanza al mantenimento”.

Anche con riferimento al mantenimento figli il reddito di cittadinanza si è ritagliato un proprio ruolo.

Per consolidata giurisprudenza, infatti, il non disporre di redditi sufficienti, nemmeno per il proprio sostentamento, è elemento non sufficiente  a giustificare una pronuncia di esonero totale dall’obbligo di contribuire al mantenimento della prole economicamente non autosufficiente. La percezione del reddito di cittadinanza da parte del genitore, pertanto, a maggior ragione lo obbliga al mantenimento del figlio minorenne o non autosufficiente.

Il nostro ordinamento, seguito dalla giurisprudenza, stabilisce infatti che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli non viene meno in automatico al raggiungimento della maggiore età, con la conseguenza che al figlio maggiorenne che non colpevolmente non riesca a raggiungere la propria autonomia economica, ovvero una volta completato il percorso di studi ed essersi impegnato attivamente nel cercare lavoro non riesca a rendersi autonomo, spetta comunque il mantenimento, gravando sui genitori la dimostrazione di non esservi più tenuti.

Tuttavia, recentemente la giurisprudenza – in particolare la Corte di Cassazione con l’ordinanza 38366/2021 –  ha modificato il suddetto orientamento sancendo il principio secondo il quale “se il figlio maggiorenne non ha reperito un’occupazione stabile che gli consente di essere economicamente indipendente, spendendo il titolo professionale conseguito, non è sul mantenimento dei genitori che costui deve fare affidamento ma ha a disposizione altri strumenti sociali di ausilio e di sostegno al reddito come, ad esempio, il reddito di cittadinanza”. A maggior ragione, dunque, il figlio percettore del reddito di cittadinanza perderà il mantenimento da parte dei genitori.

Dunque per chi debba versare come pure per chi possa percepire l’assegno di mantenimento è senz’altro prudente verificare l’impatto sugli equilibri patrimoniali di entrambe le parti del reddito di cittadinanza.

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