Le donne single potranno avere accesso alla PMA?

di Sara Commodo

La procreazione medicalmente assistita (PMA), meglio conosciuta come fecondazione artificiale, rappresenta l’insieme delle tecniche (come la manipolazione di ovociti, spermatozoi o embrioni) utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie, nei casi in cui il concepimento spontaneo è impossibile o difficile come anche nell’ipotesi in cui altri interventi farmacologici e/o chirurgici siano inadeguati.

Diversi sono i tipi di tecniche suddivise in livelli a seconda dell’invasività; in omologhe ed eterologhe (tecniche in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia).

Le linee guida sulla PMA sono previste dalla legge 40/2004

Esiste un Registro nazionale PMA, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità che fornisce la mappa dettagliata dei centri autorizzati in ogni regione italiana e raccoglie i dati delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di PMA, degli embrioni formati e dei nati con tecniche di PMA e li elabora al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.

Secondo l’ultima relazione inviata al parlamento dal Registro nazionale della PMA dell’Istituto superiore di sanità si parla di un dato in aumento: nel 2022 sono nati 16.718 bambini e bambine con la PMA, più del 4 per cento del totale dei nati in Italia, con un dato in aumento del 30,24 per cento rispetto al 2015, l’anno successivo a quello in cui in Italia fu resa legale, solo per le coppie eterosessuali, la fecondazione assistita con donazione di gameti (cioè ovuli o spermatozoi esterni alla coppia), sempre grazie alla rimozione del relativo divieto da parte della Corte costituzionale.

Dallo scorso 30 dicembre 2024 la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) è entrata ufficialmente nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), diventando parte integrante delle prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Fatta questa premessa, sappia il nostro lettore che oggi le donne single che intendono diventare madri scontano il divieto imposto dall’art.5 della Legge 19 Febbraio 2004, n. 40, che più precisamente proibisce a persone singole e a coppie dello stesso sesso di accedere alla procreazione medicalmente assistita. Possano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solamente “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”.

Tale divieto spinge tante donne a recarsi in paesi stranieri al fine di accedere alla pratica di fecondazione assistita. Di fatto il percorso diventa socialmente discriminatorio nella misura in cui risulta accessibile solo a chi dispone di risorse economiche adeguate

L’Associazione Luca Coscioni, in occasione del Consiglio Generale del 20 febbraio, tenutosi a Roma, ha lanciato “PMA per tutte”, campagna di informazione e sensibilizzazione sul tema, con l’obiettivo di chiedere la cancellazione del divieto discriminatorio e assicurare l’accesso alla fecondazione assistita a tutte le persone, a prescindere dal loro stato civile.

Secondo l’Associazione tale requisito soggettivo lede a tutti i livelli l’articolo 3 della Costituzione, non solamente perché discrimina le persone in base al loro stato civile e condizione, ma pure perché produce effetti discriminatori in termini economici.

L’11 marzo u.s. si è tenuta l’udienza della Corte Costituzionale sul divieto di accesso alle tecniche di PMA previsto dalla legge n. 40/2004.

Il Tribunale di Firenze, nel settembre 2024, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale nell’ambito di un procedimento portato avanti da Evita, una donna di 40 anni di Torino, che aveva ottenuto un diniego alla sua istanza di poter accedere alla PMA presso un centro di fecondazione assistita in Toscana.

La donna, alla luce delle ultime pronunce in materia della Corte Costituzionale, ha chiesto il riconoscimento dei seguenti diritti:

  • di poter ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche con l’eterologa maschile;
  • di potersi sottoporre a un protocollo PMA adeguato ad assicurare più elevate probabilità di risultato;
  • di potersi sottoporre a un trattamento medico che tuteli la salute della donna.

Qualora il Tribunale le avesse riconosciuto tali diritti, la donna chiedeva venisse ordinato al Centro di Procreazione assistita di accogliere la sua richiesta di sottoporsi alla tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo con donatore anonimo, avviando la relativa procedura a carico del Servizio Sanitario Nazionale; ove le avesse rigettate, Evita chiedeva in via subordinata di sollevare questione di illegittimità costituzionale. Queste le principali contestazioni rispetto al dato normativo:

  • contrasta con quanto sancito dalla Costituzione e con le legislazioni dei paesi europei.
  • discrimina tra donne coniugate e non, tra economicamente abbienti e non.
  • contrasta anche con una decisione della Corte Costituzione che ha consentito a una donna solo di procedere con l’impianto in utero dell’embrione e con un decreto del Ministero della Salute che consente le donne separate o vedove di procedere alla fecondazione in presenza del consenso espresso in precedenza dalla coppia.
  • viola il diritto della persona di scegliere una famiglia non figli non genetici, in violazione del principio di autodeterminazione.
  • viola anche il diritto alla salute della donna perché le impedisce di diventare madre, anche alla luce del fattore temporale della fertilità.
  • contrasta infine anche con l’art. 117 Cost comma 1 in relazione ad. Alcun articoli della CEDU e della Carta di Nizza perché non rispetta la vita privata della famiglia e il diritto all’integrità fisica e psichica perché viola Il diritto all’autodeterminazione in relazione al modello familiare che ciascuno vuole realizzare.

Il Tribunale di Firenze ha sollevato la questione di legittimità costituzionale accogliendo le richieste della donna; ha inoltre citato quelle che considera alcune incongruenze tra il divieto in vigore e alcune possibilità già previste dal nostro ordinamento: per esempio l’adozione in casi particolari da parte delle persone single, o il fatto che le donne che ricorrono alla PMA all’estero e poi partoriscono in Italia vengono poi riconosciute come genitori del nato o della nata dallo Stato. In altre parole, ha detto il Tribunale di Firenze, la genitorialità single in Italia esiste già, e questo renderebbe ancora più insensato il mantenimento in vigore di un divieto di concepire figli come persone single.

L’11 marzo u.s. si è tenuta l’udienza in Corte Costituzionale. L’udienza pubblica è un passaggio intermedio di questo procedimento, in cui la Corte ascolta le ragioni di tutte le parti in causa: ora i 15 giudici dovranno decidere sulla questione

“La rimozione del divieto non comporterebbe un vuoto normativo, perché le tecniche eterologhe sono legali dal 2014 – ha sostenuto l’avvocato Filomena Gallo, durante l’udienza – La modifica della legge sarebbe un passo necessario per garantire pari diritti alle donne che provano a diventare madri. La genitorialità, anche sulla base della giurisprudenza della Consulta, è basata, correttamente, sull’assunzione di responsabilità, che deve esserci a prescindere dal legame biologico e genetico, così come dallo status sociale, economico e quant’altro. Cancellare il divieto di accesso a queste tecniche per le donne singole non determina alcun vuoto normativo”.

Se la Corte dovesse dichiarare illegittimo il divieto di accesso alla PMA per le donne single, il divieto verrebbe di fatto rimosso: le pronunce della Corte hanno infatti valore di legge e si applicano dal giorno successivo alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la fonte di tutte le norme e le leggi italiane. Significa, concretamente, che da quel momento in poi tutte le donne single che volessero far ricorso alla PMA potrebbero farlo in Italia, nelle cliniche sia pubbliche che private, senza dover più andare all’estero.

Articoli

Menu