Con il d. lgs. 122/2005, per ovviare al diffuso fenomeno di fallimento di imprese costruttrici con conseguente danno a carico di risparmiatori e famiglie, venne introdotto dal legislatore l’obbligo, a carico del costruttore, di rilasciare ai promissari acquirenti di beni immobili da costruire – immobili per i quali è stato richiesto il permesso di costruire ma che siano ancora da edificare in tutto o in parte, quindi in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità e quindi l’utilizzo ad uso abitativo – una polizza fideiussoria a copertura delle somme corrisposte a qualsiasi titolo, compresa la caparra confirmatoria, da azionare qualora l’operazione di vendita non vada a buon fine, come – appunto – nel caso di insolvenza del costruttore.
Tuttavia, nella prassi, tale forma di garanzia non ha sortito gli effetti sperati dal momento che le fideiussioni sono previste solo per il caso di operazioni seguite in forza di permesso di costruire, mentre nel caso di (anche) integrali ristrutturazioni le opere spesso vengono eseguite in forza di SCIA o di altri strumenti, comunque diversi dal permesso di costruire.
Altro problema messo in evidenza dalla prassi consiste nel fatto che le fideiussioni, purtroppo, vengono spesso rilasciate da società che, seppur formalmente in regola, risultano essere esse stesse insolventi, con la prevedibile conseguenza di non poter ottemperare agli impegni di garanzia pur assunti, con l’inevitabile perdita anche integrale delle caparre versate dai promissari acquirenti.
L’art. 2 del decreto legislativo n. 122/2005 testualmente recita “All’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’articolo 1938 del codice civile, di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso ….”.
Dalla lettera della norma si evince come, anche un contratto diverso dal contratto preliminare, e precedente allo stesso, come ad esempio una “prenotazione” dell’immobile da costruire, contestualmente al quale venga versato un semplice acconto, debba essere corredato dalla prestazione della fideiussione.
Tuttavia le banche (o le compagnie assicuratrici) non rilasciano fideiussioni (o polizze fideiussorie) se non a fronte della stipula di un contratto preliminare, lasciando una zona grigia in cui il potenziale acquirente, che abbia sottoscritto una “prenotazione” o anche una promessa unilaterale di acquisto, rischia di restare senza una adeguata copertura del rischio che ah assunto.
D’altronde l’eventuale semplice promessa, da parte del costruttore, di consegnare la fideiussione contestualmente al contratto preliminare per le somme complessivamente versate, che spesso ricorre, non risulta rispettosa del disposto di legge.
In tal caso pertanto il “promissario acquirente”, al quale, contestualmente alla firma della “prenotazione” di un immobile non sia stata consegnata una valida fideiussione, potrà far valere la nullità del preliminare stesso.
Infine, per gli immobili il cui titolo edilizio è stato richiesto dopo la data del 16 marzo 2019, il legislatore, al fine di tutelare gli acquirenti, particolarmente colpiti soprattutto in caso di fallimento delle imprese costruttrici prima della stipula dell’atto definitivo di compravendita, ha introdotto, con il d.lgs. n. 14/2019, l’obbligo della stipula del contratto preliminare con atto pubblico o scrittura privata autenticata, con il conseguente obbligo di trascrizione.
Tale obbligo persegue un duplice scopo: il primo di scongiurare il rischio delle c.d. “doppie vendite”, il secondo, di garantire l’intervento del Notaio, che dovrà verificare il rispetto della normativa.
Questo intervento legislativo (pur ispirato da lodevoli intenti di tutela dei promissari acquirenti) può però creare un inconveniente pratico tutt’altro che trascurabile.
Infatti, poiché le banche non concedono finanziamenti ai costruttori per la realizzazione degli interventi edilizi se non a fronte della concessione di ipoteca di primo grado, la precedente trascrizione nei Registri Immobiliari del contratto preliminare a favore di un promissario acquirente indurrà le banche a non concedere mutui ipotecari, ovvero a concedere mutui di importo ridotto, non essendo utile l’iscrizione ipotecaria in capo al costruttore relativamente ad un immobile promesso in vendita a terzi. Tale limitazione non è di poco conto ai fini della gestione economica delle iniziative edilizie, considerato che il costruttore avrebbe maggiori difficoltà a finanziare i lavori di edificazione, soprattutto quelli iniziali, con le caparre percepite contestualmente ai contratti preliminari, che facilmente potrebbero essere di importo inferiore all’erogazione da parte di una banca di un credito edilizio garantito da ipoteca sull’intero immobile oggetto di costruzione (o ristrutturazione).
Viceversa l’eventuale garanzia conseguente la trascrizione del preliminare su un immobile già gravato di ipotesa di primo grado a favore della banca, rischia di rendere inconsistenza la tutela a favore del promissario acquirente, che in ogni caso dovrebbe usufruire delle tutele che gli derivano dalla trascrizione del preliminare solo dopo che la banca avrà soddisfatto il proprio credito.
Dalla breve trattazione che precede emerge come, pur nel meritevole intento di creare maggiori tutele agli acquirenti di immobili da costruire, la normativa vigente ha mostrato e mostra qualche significativa inefficienza che crea molta incertezza a carico di chi si avvicina all’acquisto di un immobile in costruzione o frutto di una radicale ristrutturazione.