Quando si accede al credito bancario, l’istituto chiede regolarmente al proprio cliente una garanzia fideiussoria del pagamento del dovuto, spesso sotto forma di fideiussione omnibus, quindi a garanzia di tutte le obbligazioni contratte con la banca medesima.
L’ABI aveva concordato nell’anno 2002 con le associazioni di consumatori (non molto attente nell’occasione agli interessi dei loro rappresentati) uno schema di fideiussione omnibus “suggerito” dalla stessa ABI alle banche aderenti (la quasi totalità degli istituti di credito in Italia) e contenente tre clausole, poste ai numeri 2, 6 ed 8 che verranno poi dichiarate dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 non conformi alla normativa antitrust.
Con tale provvedimento la Banca d’Italia proibiva all’ABI e di conseguenza alle banche alla stessa aderenti l’utilizzo uniforme di moduli di fideiussione preconfezionati e non negoziabili, che mettevano i clienti innanzi ad una scelta del tipo “prendere o lasciare”, condizionando di fatto la concessione o meno del credito alla prestazione di una fideiussione tramite la firma di tale modulo prestampato, peraltro spesso sottoscritto da persone (es. famigliari) spesso sprovviste di nozioni in materia bancaria e creditizia.
Il provvedimento della Banca d’Italia così statuiva “Si dispone che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in maniera uniforme , sono in contrasto con l’art. 2 comma 2, lettera a) della legge 287/1990”.
Come si legge nel provvedimento, infatti, dato che la quasi totalità degli istituti bancari italiani utilizza (e continua ancora oggi a utilizzare) tale schema per la fideiussione omnibus, sarebbe di fatto impossibile per un cliente trovare un istituto che gli conceda condizioni di credito complessivamente più vantaggiose rispetto ad un altro, con la conseguente lesione del diritto alla concorrenza e quindi della legge antitrust.
Le clausole censurate dal provvedimento della Banca d’Italia sono le seguenti.
- Clausola n. 2, detta “clausola di riviviscenza”, che dichiara il creditore tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi per qualsiasi altro motivo”. In altre parole, ove la banca dovesse restituire al cliente il denaro ricevuto a seguito di annullamento, inefficacia o revocatoria dei pagamenti effettuati dal cliente, tali somme verrebbero comunque rimborsate all’istituto di credito dal fideiussore.
- Clausola n. 6 che testualmente recita “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione, verso il creditore e verso il debitore, senza che la banca sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualunque altro coobbligato garante entro i termini previsti a seconda dei casi dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato”. Questa clausola comporta una rinuncia da parte del garante ad eccepire nei confronti della banca le decadenze prescritte dall’art. 1957 c.c. per l’azione da parte del creditore garantito nei confronti del fideiussore, pari a sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale e di due mesi dalla scadenza della medesima qualora la fideiussione fosse stata limitata al medesimo termine dell’obbligazione principale.
- Clausola n. 8, detta “clausola di sopravvivenza” in quanto l’obbligazione fideiussoria sopravvive, indipendentemente dalla sorte del rapporto garantito, dovendo comunque il fideiussore garantire l’obbligo del debitore principale a corrispondere alla banca quanto dovuto in forza del rapporto garantito, anche qualora lo stesso venisse dichiarato invalido. La clausola testualmente recita “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituir e le somme allo stesso erogate”.
Tali clausole, a tutto vantaggio degli istituti di credito ed a totale detrimento dei diritti dei garanti, le quali paralizzano di fatto ogni possibilità da parte dei fideiussori escussi di far valere le proprie ragioni in un eventuale giudizio, nonostante la censura da parte della Banca d’Italia in quanto autorità garante della concorrenza nel mercato creditizio, vengono ancora oggi incluse nei moduli di fideiussione–uniformi e prestampati- la cui firma viene nei fatti imposta a chi richieda un accesso al credito.
Sulla validità o meno delle fideiussioni omnibus rispondenti allo schema ABI 2002 è attualmente in atto un ampio dibattito giurisprudenziale, apertosi con la sentenza della Corte di Cassazione n. 29810 del 2017, la quale ha ricordato, come già statuito in altri precedenti che la legge antitrust non si applica solo alle intese anticoncorrenziali vietate, ma anche ai contratti stipulati a valle di dette intese. Ha chiarito inoltre la Corte di Cassazione come sia configurabile la nullità di un contratto concluso in esecuzione di un’intesa vietata anche ove la stipula dello stesso fosse anteriore al provvedimento dell’autorità garante, poichè non è il provvedimento in sè a determinare la censurabilità di un’intesa (per il futuro), ma ciò che rileva a tal fine è il contenuto dell’intesa stessa, a prescindere dalla data del provvedimento sanzionatorio.
Non mancano sentenze che affermano la nullità radicale del contratto di fideiussione rispondente allo schema ABI 2002, motivando il proprio convincimento, tra le altre cose, sulla convincente (a parere di chi scrive) tesi secondo cui la banca mai avrebbe accettato una fideiussione priva delle clausole oggetto di censura; vi sono altre pronunce che affermano una nullità parziale e limitata alle clausole 2, 6 ed 8 del contratto di fideiussione, ponendo a carico del fideiussore l’onere di provare la concreta lesione derivatagli dall’applicazione di dette clausole.
Entrambi gli scenari possano essere di enorme interesse per chi, firmatario di una fideiussione omnibus rispondente allo schema ABI 2002 si trovi a dover fronteggiare, anche in giudizio, pretese creditorie degli istituti bancari, anche per importi assai considerevoli.