Parte prima – Ambito di applicazione, definizioni, principi generali
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (C.C.I.I.) rappresenta una rivoluzione epocale nel diritto fallimentare italiano. Esso abbandona l’approccio tradizionale incentrato sulla liquidazione, adottando una nuova filosofia volta alla conservazione delle imprese, laddove possibile. L’obiettivo primario è fornire strumenti per aiutare le aziende a superare le difficoltà finanziarie, preservando il loro valore e salvaguardando i posti di lavoro.
In questo articolo non analizzeremo nel dettaglio tutto il Titolo I del C.C.I.I., ma ci soffermeremo sugli aspetti più interessanti ed innovativi.
Innanzitutto, a differenza della vecchia Legge Fallimentare del 1942, limitata alle sole imprese commerciali, il C.C.I.I., art. 1, estende la sua applicazione anche alle persone fisiche, compresi consumatori e professionisti non imprenditori. Questa apertura riconosce la necessità di fornire rimedi normativi non solo per le crisi aziendali, ma anche per i dissesti finanziari dei privati cittadini, vista la crescente diffusione del ricorso al credito al consumo.
Inoltre, il termine stigmatizzante “fallimento” è stato abbandonato, sostituito da una terminologia più neutrale e meno connotata negativamente. La scelta lessicale non è casuale, ma rappresenta un segnale culturale importante, mirante a scardinare quel retaggio di onta e pregiudizio che poteva frenare gli imprenditori dal richiedere tempestivamente gli strumenti previsti dalla legge per risolvere le crisi aziendali.
Il C.C.I.I. all’art. 2 fornisce definizioni precise di concetti fondamentali come “crisi”, “insolvenza” e “sovraindebitamento”.
La “crisi” indica uno stato in cui è probabile l’insolvenza, manifestandosi con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.
L'”insolvenza” si manifesta con inadempimenti o fatti esteriori che dimostrano l’incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni.
Il “sovraindebitamento” riguarda invece lo stato di crisi o insolvenza di soggetti non assoggettabili a liquidazione giudiziale, come consumatori, professionisti e imprenditori minori. Il “consumatore” è la persona fisica che agisce per scopi estranei ad attività imprenditoriale, commerciale o professionale, anche se socio di società di persone. L'”impresa minore” è quella che rispetta specifici requisiti dimensionali: attivo patrimoniale annuo ≤ 300.000€, ricavi ≤ 200.000€ e debiti ≤ 500.000€ negli ultimi 3 esercizi.
L’art. 3, rubricato “Doveri del debitore”, impone al debitore di assumere tempestivamente le iniziative necessarie per far fronte alla crisi, sottolineando l’importanza dell’emersione precoce delle difficoltà finanziarie. Inoltre, per gli imprenditori collettivi, è previsto l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, al fine di rilevare eventuali squilibri patrimoniali o economico-finanziari e verificare la sostenibilità dei debiti e la continuità aziendale. La mancata adozione di tali assetti espone gli amministratori a potenziali azioni di responsabilità per mala gestio.
L’art. 4, rubricato “Doveri delle parti”, sancisce il dovere di comportarsi secondo buona fede, correttezza e trasparenza nel corso delle trattative e dei procedimenti per la regolazione della crisi e dell’insolvenza. Il debitore deve illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, assumere iniziative tempestive e gestire il patrimonio nell’interesse prioritario dei creditori. I creditori, a loro volta, sono tenuti a leale collaborazione, riservatezza e a non pregiudicare i diritti degli altri creditori.
Il messaggio cardine del C.C.I.I. è l’importanza della tempestività nell’affrontare le situazioni di crisi, evitando la deleteria “strategia dello struzzo”. Appena si acquisisce consapevolezza di una potenziale crisi, è cruciale rivolgersi celermente ai propri professionisti di fiducia, come avvocati e commercialisti. Loro potranno analizzare oggettivamente la situazione, determinando l’effettiva gravità dello stato di pre-crisi, crisi, sovraindebitamento o insolvenza, e proporre le soluzioni migliori. Ciò non solo per il risanamento aziendale, laddove possibile, ma anche al fine di evitare l’eventuale esercizio di azioni di responsabilità derivanti da comportamenti che potrebbero peggiorare irreversibilmente la crisi.