Nel contesto della gestione delle crisi da sovraindebitamento si è ormai consolidata l’idea della “seconda opportunità” per il debitore meritevole. Tuttavia, fino a poco tempo fa, tale principio si arrestava di fronte all’incapienza assoluta: se il soggetto non era in grado di offrire ai creditori nemmeno una minima utilità, l’accesso all’esdebitazione gli era precluso. Oggi, grazie all’introduzione dell’art. 283 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, modificato dal D.Lgs. 136/2024, questa barriera viene superata.
L’esdebitazione del debitore incapiente (nota anche come ESI) rappresenta una novità significativa. È rivolta alla persona fisica che si trovi in uno stato di totale impossidenza, attuale e prospettica, e che, pur nella sua oggettiva incapacità di soddisfare in qualsiasi misura i creditori, abbia mantenuto una condotta corretta nella formazione dell’indebitamento. Non si parla quindi di qualunque debitore, ma di colui che si è trovato in difficoltà per ragioni indipendenti dalla propria volontà e senza aver compiuto atti di frode o violazioni gravi.
È importante sottolineare che questa misura non si applica in modo indiscriminato. Sono esclusi gli enti collettivi e i soggetti ancora assoggettabili a liquidazione giudiziale. Possono invece accedervi i consumatori, i professionisti, gli imprenditori individuali “minori” e i soci illimitatamente responsabili, purché sussistano i presupposti richiesti: assenza di patrimonio liquidabile, di reddito eccedente il minimo vitale, e – soprattutto – meritevolezza.
La procedura si attiva su iniziativa del debitore, che deve necessariamente rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi. L’OCC valuta la documentazione patrimoniale e reddituale e redige una relazione dettagliata, da presentare al tribunale, la quale attesti l’impossibilità di soddisfare i creditori anche in via indiretta o futura. Se il giudice accerta la fondatezza della richiesta, dichiara l’inesigibilità dei debiti: non si tratta di una loro estinzione in senso stretto, ma dell’impossibilità giuridica di pretenderne il pagamento.
L’effetto liberatorio, tuttavia, non è assoluto e incondizionato. Per i tre anni successivi, il debitore è tenuto a comunicare eventuali sopravvenienze patrimoniali. Se queste eccedono il minimo vitale, egli dovrà versarne una parte ai creditori, secondo quanto stabilito dal tribunale. Si tratta di un meccanismo che bilancia l’interesse del debitore alla liberazione con quello dei creditori a non essere del tutto esclusi da eventuali, seppur imprevedibili, fonti di soddisfazione.
Vale la pena ricordare che l’esdebitazione del debitore incapiente è un beneficio concedibile una sola volta nella vita. È dunque un istituto straordinario, pensato per tutelare la dignità personale di chi si trova in una condizione di esclusione economica totale, ma che richiede una verifica puntuale dei presupposti soggettivi e oggettivi.
Proprio perché si tratta di una misura eccezionale, complessa e altamente tecnica, è fondamentale affrontare con serietà la fase preliminare. Prima di presentare la domanda per il tramite dell’OCC, è consigliabile procedere a un’accurata analisi della posizione del debitore, della sua condotta pregressa e della sussistenza dei requisiti giuridici previsti. Un’assistenza qualificata in questa fase può evitare rigetti e contenziosi.
Con questa nuova disposizione, il legislatore ha compiuto un ulteriore passo verso un modello di giustizia concorsuale più inclusivo, che valorizza non solo la capacità economica del debitore, ma soprattutto la correttezza della sua condotta.
Viene così riconosciuto un diritto alla liberazione dai debiti anche a quei soggetti che, per cause indipendenti dalla propria volontà e non riconducibili a dolo o colpa grave, si trovano in una condizione di oggettiva e assoluta impossibilità di farvi fronte.
Un sistema che, finalmente, premia il comportamento leale e responsabile, restituendo dignità e prospettiva a chi, pur privo di mezzi, ha agito con onestà.