Diritto alla casa: un problema di pianificazione urbana

Diritto alla casa: un problema di pianificazione urbana

di Gregorio Torchia

Il diritto alla casa: un problema di pianificazione urbana. Nelle ultime settimane è salita all’onore delle cronache la vicenda del caro affitti nelle grandi città italiane. Il tema è indubbiamente politico, ma vi sono interessanti risvolti giuridici.

La domanda che ci si pone è come si equilibra la libertà economica (art. 42 Cost) con il dovere di solidarietà (art. 2 Cost; art. 47 Cost.) e quali sono le responsabilità delle Amministrazioni locali che per negligenza negli ultimi decenni non hanno realizzato edilizia convenzionata, tra cui anche gli studentati.

L’articolo 2 della Costituzione italiana sancisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Alcuni interpreti, negli anni, hanno individuato tra i diritti inviolabili dell’uomo il “diritto alla casa”. Tant’è che nei decenni passati, a fianco del progressivo inurbamento sono state introdotte leggi (equo canone, edilizia sociale) al fine di risolvere la perenne “emergenza abitativa”, un tema di grande rilevanza sociale ed economica che suscita dibattiti e controversie in tutto il paese. Tuttavia, nonostante le leggi, ciò che è mancata è la realizzazione di studentati a canone calmierato, infatti l’Italia è tra i fanalini di coda dell’Europa con solo il 6% di copertura del fabbisogno a fronte di una media europea del 17%.

E’ chiaro che non esiste il diritto ad abitare in centro, ma è indubbio che in alcune città l’assenza di immobili disponibili abbia incrementato i prezzi in maniera eccessiva.

La soluzione della questione abitativa studentesca, avrebbe come veicolo istituzionale la pianificazione urbana. Infatti, la normativa nazionale e locale già prevedono forme di imposizione immediata per ogni nuovo intervento, si pensi ai vari oneri di urbanizzazione, che teoricamente sarebbero in parte destinate all’edilizia sociale, ma le amministrazioni non essendo vincolate a destinare le somme a singoli progetti, molto spesso finiscono per utilizzarle per altre incombenze.

Attualmente, grazie ai fondi del PNRR, la situazione dovrebbe migliorare. Infatti il Ministero dell’Università e della ricerca si è posto tra gli obiettivi del PNRR (p.to 1.7) la realizzazione di “Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per gli studenti”, che ha come scopo la  triplicazione dei posti letto disponibili per gli studenti fuori sede, portandoli, entro il 2026, da 40.000 a 105.500, incentivando la realizzazione, da parte di soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria, grazie alla copertura degli oneri relativi ai primi tre anni di gestione delle strutture, da parte del MUR.

Due risultano gli obiettivi della riforma, tra loro profondamente connessi: (i) la riduzione del divario sociale, cercando di garantire un più ampio accesso alle strutture abitative; (ii) la promozione del diritto allo studio.

Questo può essere un primo passo relativo alla realizzazione delle opere, tuttavia rimane la tematica della gestione ed il mantenimento delle strutture. Ad esempio, sarebbe più cauto garantire un vincolo di destinazione più lungo per gli alloggi studenteschi e stabilire un equo canone.

Tuttavia, ciò che preme osservare è come le misure ed i fondi del PNRR siano o dovrebbero essere un’estrema ratio di come viene investito il denaro pubblico. Ci si chiede come mai e soprattutto quando si interverrà sugli strumenti ordinari della pianificazione urbana, per risolvere il perenne ingolfamento in cui si ritrovano.

Infine, ci si chiede dove finiscano i miliardi di liquidità versata negli anni per realizzare opere di urbanizzazione o edilizia sociale, con il dubbio che vengano versati solo per alimentare una macchina che consuma e non è in grado di generare nulla.

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