E così l’Inghilterra ha deciso di uscire dall’Unione Europea: una scelta che ha letteralmente scioccato i rappresentanti istituzionali – a partire dalla Regina Elisabetta, a quanto riportano i media – ed i maggiori esponenti della finanza e dell’economia del Paese. A cose fatte, ci si può chiedere se si poteva fare qualcosa di diverso per evitare quello che si sta delineando come un vero disastro per l’Inghilterra che esce e per i Paesi che restano nell’Unione. Non tanto per i pur significativi risvolti economici, quanto per la sensazione di fallimento che tutti gli europei stanno vivendo, anche perché è la prima vera battuta di arresto di un processo di integrazione che sembrava ormai inarrestabile e che negli ultimi anni ha riunito 28 paesi, ora 27.
Una riflessione, quella per capire cosa non ha funzionato, che non è per nulla oziosa posto che meditare e correggere gli errori fatti potrebbe aiutare per affrontare referendum analoghi a quello inglese, che nel prossimo futuro potrebbero dover affrontare altre nazioni.
Per prima cosa andrebbero rivisitate, dissodate, esaminate e riassimilate nella coscienza degli europei le motivazioni che misero in moto e sostennero il processo di integrazione, che rispondevano senza dubbio alla primaria esigenza di garantire la pace in un continente che usciva distrutto, nelle persone e nello spirito, da due conflitti che avevano ridotto tutto a macerie. Soprattutto però l’integrazione partiva dalla definitiva presa d’atto della comune radice culturale dei popoli europei, della loro condivisioni dei valori civili fondamentali, fondati sulla dignità assoluta della persona, le sue libertà ed i suoi diritti, tutti elementi che rafforzano la convinzione che, in un mondo sempre più piccolo e caratterizzato dalle grandi potenze Usa e (allora) Urss, gli europei erano uniti da un destino storico ormai inevitabilmente comune.
Ed oggi, che da più parti si invoca il ritorno allo spirito dei Padri Fondatori, andrebbero ricordate le parole di uno di loro, Jean Monnet: “Se tornassi indietro partirei dalla necessità di avere valori morali comuni, più che dalla moneta….”, che ci aiutano a capire che l’Europa ha perso l’Anima, non riuscendo a trasferire ai diversi popoli il senso stesso dell’ essere una comunità di valori e di missione.
Come una persona non vive del caso, ma in forza di un disegno di vita che parte e poggia sui suoi valori che l’aiutano a definire gli obiettivi, per i quali la persona è anche disposta a fare sacrifici, anche i popoli hanno bisogno di un progetto e di una missione, ma quando questi non gli vengono proposti in maniera definita, comprensibilmente rifiuta sacrifici e limiti che non riesce a comprendere.
Gli Usa e la Russia, cui ora si è aggiunta la Cina, hanno di tutta evidenza un progetto ed una missione, che per l’Europa un tempo era ben rappresentata dai galeoni che solcavano i mari per portare la civiltà ed i valori dell’Europa, unita dalla comune radice cristiana, in tutto il mondo. Cosa è rimasto di tutto ciò? Un’Europa rappresentata e governata da una burocrazia non eletta: primo vulnus ed il referendum inglese può essere letto come una reazione, magari irrazionale, proprio a questo deficit di democrazia partecipativa.
Soprattutto gli organismi non eletti della Ue hanno imposto scelte non sempre comprese dai popoli, tipo le sanzioni alla Russia, che sono state imposte dall’alleato Usa, ma che in concreto si sono rivelate sanzioni a danno dell’Europa ed in modo significativo a danno dell’Italia.
Il voto britannico è l’effetto di un’Europa allo sbando, posto che il “pensiero unico” ha polverizzato i punti “forza” dei popoli europei: religione, natura, cultura, famiglia, individuo, impresa, Stato, società, sindacato, partiti.
Si può quindi dire che l’Europa rifiutata dagli inglesi è quella timida, che ha paura di organizzarsi davvero come soggetto federativo dei popoli, scivolando in un sistema burocratico ed incomprensibile, ovvero che ha timore di affermare e difendere i suoi valori, come dimostrano le decisioni della Corte di Giustizia che limitano l’espressione della fede cristiana e l’utilizzo dei suoi simboli.
Come è stato detto dal prof. Ettore Gotti Tedeschi a commento del referendum inglese “la Brexit non ha messo l’Europa in discussione, ha messo in discussione i cattivi gestori di questi ultimi anni. La Brexit è stato un voto contro la nomenklatura europea, non contro l’Europa come invece certi stolti vorrebbero far credere”, aggiungendo che per correggere le storture che subisce l’Italia “è arrivato il momento di ridiscutere il Trattato di Maastricht per ottenere almeno tre vantaggi: smetterla di dire di no agli aiuti di Stato, perché se sono contingenti e specifici su un progetto di crescita economica e di investimento, in questo momento sono fondamentali,…..emissione di eurobond unitamente alla famosa bad bank per darci la possibilità di risolvere i problemi delle nostre banche come hanno fatto gli altri Paesi; … attuare forme di protezione in segmenti di mercato dove la competizione è disonesta, dove la competizione viene da Paesi che utilizzano un modello incivile e non consentono alle nostre imprese di riprendere la produzione”.
Vedremo ora quali saranno gli effetti finali della decisione inglese, che ha tra l’altro messo in luce anche le incongruenze dei Trattati in relazione alla esecutività del referendum, con il conseguente “balletto” tra l’Unione che sollecita l’avvio del procedimento di uscita, che però – ed è un’assurdità – può essere avviato solo dal governo inglese, che ancora non ha preso una posizione nonostante la decisione dei suoi cittadini.
Vedremo anche nel tempo quale sarà l’effetto sul processo di integrazione: se lo accelererà, come molti auspicano, o meno, peraltro mentre gli altri non stanno passivi, se si pensa che – nel silenzio dei nostri media – lo stesso 23 giugno è stata data notizia dell’adesione dell’India e del Pakistan all’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai, alleanza politico-militare fra Cina, Russia, Afghanistan e Asia ex-sovietica.
Va anzi detto che la notizia dell’ adesione di India e Pakistan alla Cso è più importante di quella dell’uscita dell’Inghilterra dalla Ue.: basta guardare la cartina della Cso per capire che il più importante problema attuale è quello di come si posizioneranno l’ Europa e il Medio Oriente nei confronti della Cso stessa e basta pensare che il nuovo sindaco di Londra è pakistano e che le truppe della Cso sono già presenti a Djibuti, in Siria e in Crimea.
Auguri all’Europa ed agli Europei!